Per una storia di San Giovanni Rotondo
Questa intervista è un omaggio al Professore Salvatore Antonio Grifa, membro ordinario della Società di Storia Patria per la Puglia dal 1995. Dedica anni e cuore alla ricerca storica della sua Terra, San Giovanni Rotondo dove è nato nel 1942. Per lui la Storia è culto della Memoria. Un evo vastissimo rivive nei suoi scritti: dai capannicoli sul Gargano (circa VI millennio a.C.) al deposto XX secolo, nell’appassionata lettura di eventi, ricerca delle origini e divenire di umane generazioni. Diligenza severa, esposizione fedele dei fatti, copiosa bibliografia, le qualità eminenti della sua opera che annovera un Corpus di 20 libri. Un lascito culturale prezioso. Michele Totta
San Giovanni Rotondo, gennaio 2003
La storia di San Giovanni Rotondo, dai cavernicoli a noi, abbraccia 80 secoli. Quale libro Le ha serbato emozioni e gratificazioni?
Raccontare il cammino di civiltà di un popolo dà sempre forti ed intense emozioni e quando questo cammino riguarda i Padri che hanno costruito la città che ci ha dato i natali, allora nasce in noi anche quel “Gaudium Veritatis” , direbbe Sant’Agostino, una gioia ed una letizia che nutrono profondamente il cuore e la mente. Non c’è un libro che io prediliga in modo particolare. Ogni opera, poi, ha una Storia a sé e si porta dietro grandi fatiche e sacrifici: leggere, ricercare, catalogare, confrontare, vagliare, correggere, trascrivere. Comunque voglio qui segnalare un saggio storico che mi ha particolarmente affascinato, sia nella ricerca dei documenti che nella sua definitiva stesura e che non riguarda, però, la storia di San Giovanni Rotondo. E’ un’opera sui Templari, da me pubblicata nell’anno 1991 ( I Cavalieri del tempio sul Gargano ed in Capitanata).
Ci sono momenti, in cui i sangiovannesi, come popolo, sono protagonisti nella loro storia?
Nell’età angioina, anno 1285, l’Abate del Monastero di San Giovanni in Lamis (oggi Convento di San Matteo), vendeva il feudo di San Giovanni Rotondo al nobile barone francese Giovanni la Gonesse. Il popolo sangiovannese rifiutò, in nome della libertà, di prestare il dovuto giuramento di fedeltà e di vassallaggio al nuovo padrone. La città fu interdetta a tutti e fu avvolta in sudario di morte, il popolo venne scomunicato dal Papa, ma non si arrese e per un anno dimostrò che la libertà era un bene prezioso ed inviolabile. In altri momenti i figli della terra di San Giovanni Rotondo testimoniarono (veri martiri) il loro coraggio e l’amore per la propria Terra e offrirono la loro vita in nome della libertà, per l’affermazione dei principi di uguaglianza e di giustizia: anno 1860 (annessione al Regno d’Italia, plebiscito), anno 1920 (rivendicazioni popolari e sociali).
Da ricordare anche che nella Terra di San Giovanni Rotondo in occasione della fiera di Sant’Onofrio, che si teneva l’11 giugno, giungevano dalle principali Università del Regno di Napoli, i Sindaci (riuniti nella chiesa di San Leonardo) per determinare il prezzo dei cereali, che, dopo l’approvazione sovrana, doveva essere osservato in tutte le terre del Regno stesso (sec. XVI – XVII).
Il 1095 è l’anno storicamente certo della nascita della nostra città. Questo sminuisce il percorso buio e difficile dei secoli precedenti?
Niente di tutto questo. La storia di San Giovanni Rotondo ha, come abbiamo visto un percorso millenario e nelle varie epoche questa Terra ha sempre espresso la propria identità: Gargaros – Bisanum – San Giovanni Rotondo, tre nomi, tre civiltà per una stessa città. La civiltà protomediterranea ed egea (greco – illirica), romana e bizantino – normanna, lascerà le sue tracce e i suoi segni nella toponomastica stessa. L’antroponimo ed omonimo di Gargarus (Gar-Gar-roccia) e gli agionimi di Ianus e San Giovanni, segneranno profondamente l’identità storica di uno stesso sito. San Giovanni Rotondo è l’ultimo e definitivo toponimo della città, che si legge nel Diploma del Conte Enrico, anno 1095, 14 novembre, concesso nella città di Monte Sant’Angelo a Benedetto, Abate del Monastero di San Giovanni de Lama.
La celebrazione del Giubileo storico, che nel caso della nostra città, non si è tenuto, quali significati assume nella memoria collettiva?
Un Giubileo considerato come tappa fondamentale di Rinnovamento spirituale nella vita di ogni uomo credente e cattolico, data la sua importanza e rilevanza storica, lascia sempre delle tracce profonde in ognuno di noi e nella stessa memoria collettiva di una comunità, anche senza specifici e locali celebrazioni. Non va dimenticato, a tal proposito, la presenza dei numerosi mass – media che in simili circostanze hanno certamente coinvolto un po’ tutti noi. E poi, non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire!
Nel suo ultimo libro (Il Tempio di Giano nella Terra di San Giovanni Rotondo, 2003), la Memoria è definita amore e nostalgia del passato, gioioso godimento del presente fiducia e speranza nell’avvenire. La Memoria delle radici, dunque, come testamento. Essa ispira anche la saggistica letteraria?
Confermo quanto detto sulla Memoria. Essa è come una grande anima che affonda profondamente le radici nel passato e, rigenerandosi, vive e respira nel presente. E quindi la Memoria non appartiene solamente agli storici. D’altronde, nella sua bella e stimolante raccolta di poesie “Pietre di Fuoco”, lei ha mostrato come le parole o meglio la poesia possa divenire cuore, nostalgia per il passato, godimento pieno per il presente, speranza per il futuro. E qui voglio ricordare altri Sangiovannesi che con le loro “parole” e i loro testi letterari non hanno dimenticato gli antichi Padri, con le loro storie, tradizioni e costumanze varie: Michele Capuano, Francesco Paolo Fiorentino, Giovanni Scarale, Renzo Fiorentino, Sebastiano Maruzzi, Onofrio Grifa, per citarne alcuni. Poi vi sono altri autori, che nelle loro opere demologiche e folkloriche, in particolare, si richiamano alle loro radici sangiovannesi, conservandone la Memoria: Benito Ripoli, Michele Rinaldi, Biagio Russo, Mario Ritrovato, Michele Merla, Francesco Canistro. Chiedo venia se ho dimenticato qualche autore, Manzoni direbbe che non si è fatto apposta. Mi permetta di ricordare, a questo punto, gli storici: Antonio De Lisa, Pasquale Cirpoli, Francesco Nardella, Gaetano D’Errico, Giosué Fini, Giovanni e Giulio Siena, Raffaele Augelli, Saverio Longo. Da ricordare, anche il pittore Antonio Ciccone di consolidata fama.
Professor Grifa, abbiamo ricordato i sangiovannesi che con le loro “parole” e i loro testi letterari non hanno dimenticato gli antichi Padri. Ma molti uomini hanno dato lustro alla nostra Terra. Li vogliamo ricordare?
Tutti gli uomini che hanno vissuto in questa Terra meriterebbero di essere ricordati, poiché essi hanno costruito questa città con il loro lavoro, la loro intelligenza, il loro cuore. Ma ci sono state delle “Presenze” che hanno operato in modo particolare e si sono distinte anche fuori le mura cittadine. Ricordo subito SIBILIA, che nel XII-XIII secolo fu una delle prime donne chirurgo del Regno di Napoli e si distingueva per la sua sapienza nella scuola salernitana di medicina.
Celestino Galiani, definito dal Montesquieu uno degli uomini più dotti d’Italia. Croce lo definiva “…uomo di mente limpida, razionale, dai molteplici interessi e dall’ingegno enciclopedico…” Egli fu Arcivescovo di Taranto e di Tessalonica, Membro della reale Accademia delle scienze di Londra, Ministro dell’Istruzione del Regno di Napoli. A lui si deve la riforma degli studi della Università di Napoli. Amico di Giovan Battista Vico, rappresentante del papa e negoziatore del Concordato tra Santa Sede e Regno di Napoli. Ambasciatore del re di Napoli. Zio del celebre Ferdinando Galiani, una delle menti più brillanti dell’Illuminismo napoletano.
Padre Diomede Scaramuzzi, teologo, saggista di fama internazionale, filosofo e sommo studioso di Duns Scoto ed autore di una monografia su Sant’Antonio da Padova “Dottore della Chiesa”.
Don Alessandro De Bonis, considerato fra i più grandi compositori di musica sacra del Novecento.
Michele Longo, penalista di chiara fama, docente universitario nell’ateneo napoletano, autore di volumi sul processo penale, letterato insigne.
Michele Capuano, saggista colto e meticoloso, raffinato poeta, profondo cultore di demologia e di tradizioni popolari.
Francesco Paolo Fiorentino, pittore creativo quanto mai, profondo interprete nelle sue commedie della “vita” del popolo sangiovannese, anche poeta. Ho voluto qui ricordare solamente coloro che ormai vivono nella Casa della Memoria della Terra sangiovannese.
Veneriamo e custodiamo le spoglie di San Pio da Pietrelcina, un gigante del Cattolicesimo, l’alter Christus del nostro tempo. Il Santo è solo un esempio di vita da imitare o incide anche la storia di un popolo?
San Pio ha vissuto per mezzo secolo in questa Terra ed ha lasciato tracce ed esempi non solo nelle anime e nelle coscienze dei Sangiovannesi, ma nel mondo cattolico in generale. La sua figura, senza dubbio, offre numerosi esempi di vita cristiana nel pieno rispetto di se stessi e del prossimo. San Pio illumina il cammino dei credenti ed offre loro continue sollecitazioni e stimoli di rinnovamento spirituale. Il popolo di San Giovanni Rotondo ha avuto una forte rilevanza e presenza nella vita umana e civile di San Pio. Parecchie volte, infatti, i Sangiovannesi non hanno esitato a far sentire la loro voce contro i soliti mistificatori e calunniatori del frate delle Stimmate e lottarono, allorquando lo si voleva trasferire altrove. Oggi San Pio a ragione e a buon diritto è parte della Terra di San Giovanni Rotondo. Non per nulla, San Pio scriveva nel suo testamento (12 agosto 1923) che “…le mie ossa siano composte in un tranquillo cantuccio di questa Terra…”.
E’ possibile riconoscere una identità, un carattere comune tra i Sangiovannesi di oggi e quelli che li hanno preceduti?
La cordialità, la tenacia, l’orgoglio personale, l’amore per la famiglia e la propria Terra. Certamente, queste caratteristiche, tutte garganiche d’altronde, erano più forti e sentite nel passato, quando il Paese in un “fazzoletto di terra”, direbbe Scotellaro, e ove tutti si chiamavano per nome, in una dimensione più umana e fraterna. Ma questa è un’altra storia.
Nel tempo libero chi è Salvatore Antonio Grifa?
Cerco di essere un uomo e di “vivere”, nel senso completo della parola. E mi creda, non è facile. Cerco di essere un marito, un padre, un nonno. Ed anche questo non è poca cosa.
Nel mio cuore, nella mia coscienza, nella mia mente, porto la serena e cristiana consapevolezza di aver fatto il mio dovere di maestro elementare e di professore di Lettere nelle scuole medie e superiori e, quando incontro un mio alunno ormai adulto, ci stringiamo la mano, ci guardiamo negli occhi e andiamo a prendere un caffè insieme. Il resto è nelle mani del Signore.
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Il testo integrale dell’intervista trovasi in:
– Quadrimestrale della Biblioteca Provinciale di Foggia – la Capitanata – Anno XLIII n. 17 aprile 2005. (pag. 129)
– Corriere del Golfo – Anno III n. 2 e n. 3 anno 2004. (pagg. 25 e 26) – Manfredonia
– Luciano Manara – Anno LXXXIII n. 1 anno 2004. (pag. 9) – Milano