Antonio Di Tommaso è nato a Frisa (Chieti) nel 1945. E’ autore di importanti opere di grandi dimensioni in marmo pietra, acciaio e vetro, collocate in spazi pubblici in vari comuni e città d’Italia, come “Forze propulsive”, i quattro parallelepipedi di acciaio di viale Guidoni ben noti a tutti i fiorentini. Ha allestito oltre sessanta mostre personali di scultura e partecipato a circa trecento rassegne internazionali.
Alcune sue opere sono:
Firenze, “Forze propulsive”, 1980-90; Torino, “Armonia sensuale ritmica”, 1990; Teulada (Cagliari), 1991; Frisa (Chieti), “Omaggio agli Emigranti”, 2000; Ari (Chieti), “Memoria”, 2001; San Giovanni Rotondo (Foggia), “Fontana della Luce Divina”, 2002; Atessa (Chieti), “Crescita”, 2003; Ari (Chieti), “Fontana del Tempo”, 2005; San Salvo (Chieti), “Forze Emergenti”, una scultura-fontana di grandi dimensioni in vetro e acciaio, 1992-2006.
Altri suoi lavori sono presenti in spazi pubblici delle cittàdi Kichinda (Iugoslavia), Carhaix (Francia), Woerden (Olanda), Maalot, Tarshiha (Israele), Sanpietroburgo (Russia), oltre che in collezioni private e in musei.
La Fontana monumentale “Luce divina” sfoggia le sue forme all’inbocco di Corso Umberto I, a San Giovanni Rotondo.
Fu commissionata dal Comune della cittadina garganica a perenne ricordo della beatificazione di Padre Pio.
Fu realizzata a Trani dallo scultore Antonio Di Tommaso, in collaborazione con le allieve della Scuola delle scalpelline di Molfetta.
L’inaugurazione avvenne l’8 giugno 2002.
Insieme al monumento di Francesco Messina , dedicato a Padre Pio, e a quello di Luigi De Luca, dedicato alla Vittoria Alata, la fontana rappresenta una delle pochissime opere di pregio artistico del centro storico sangiovannese.
Essa è costituita da un blocco in pietra bianchissima scolpita in forme geometriche simboliche, prevalentemente spigolose, che si richiamano al cubismo. Vi sono rappresentati alcuni edifici di importanza storica di San Giovanni Rotondo, appena abbozzati, come le torri, il Palazzo dell’Università e, in particolare, la chiesetta di S. Giovanni Battista, detta “la Rotonda”.
In cima alla Rotonda, che sovrasta la fontana, lo scultore Antonio Di Tommaso aveva collocato una piccola croce bruna , poi rimossa, che costituiva il punto più alto di tutto il complesso scultoreo. Da un foro praticato ai piedi della croce sgorgava un leggero fiotto d’acqua che debordava in ogni direzione, scivolava lungo le pareti della Rotonda, rappresentata simbolicamente da un manufatto lapideo cilindrico dalla sommità tondeggiante, e irrorava ogni punto della fontana.
La chiesetta della “Rotonda”, quella vera, era originariamente un Battistero , sorto a sua volta sulle rovine di un tempio dove nella notte dei tempi , secondo la tradizione, fu praticato il culto di Venere e di Giano.
I papi di Roma usavano apporre un segno di croce sul culmine degli obelischi egiziani per indicare la vittoria del cristianesimo sui caduchi simboli pagani. Pertanto la croce piantata sul Battistero della fontana rappresentava il passaggio dall’epoca pagana all’epoca cristiana e il fiotto d’acqua che sgorgava ai suoi piedi, raffigurava la fonte battesimale che purificava e santificava ogni parte della città, illuminandola di “Luce divina”. Una luce che nel XVI secolo folgorò il giovane San Camillo de Lellis, convertitosi a San Giovanni Rotondo nel 1575, e alla quale si è alimentato anche San Pio da Pietrelcina per riverberarla sulla città e nel mondo.
Questa fu la lettura che diedi della fontana “Luce divina”.
Essa assumeva il massimo splendore alle prime ore del mattino e alle ultime della sera, quando i raggi del sole colpivano le superfici bianche con l’angolo giusto, da oriente o da occidente, creando bagliori che si riverberavano attraverso i sottili fiotti d’acqua.
E’ d’obbligo, purtroppo, usare il verbo al tempo imperfetto, perché sono anni ormai che manca la croce e che il fiotto d’ acqua si è inaridito, tra il disinteresse pressoché generale. Le fontane di San Giovanni Rotondo soffrono la sete. Nessuno avverte il loro lamento, come se si sia persa la capacità di apprezzare il suono melodioso dell’acqua viva, la trasparenza che incanta e il tempo che scorre con l’acqua, fresca e benevola amica della nostra vita.
Nella sua integrità la fontana aveva una sua “personalità” e interpretava bene il passato e il presente di San Giovanni Rotondo. Sfortunatamente per ogni persona che crea ce n’è quasi sempre un’altra pronta a distruggere, per il gusto di distruggere. Puntarono il dito sulla croce:
“Quella fontana con il crocifisso sembra un ossaio!”, dissero . La claque batté le mani e ripetè il ritornello finchè qualcuno, per far cessare quel fastidioso mormorio, le tolse la croce, non immaginando che in tal modo avrebbe dato agio agli stessi personaggi di dire ai quattro venti, tra un risata e l’altra, che senza la croce la chiesa della Rotonda sembrava … un fallo!
La mancanza del crocifisso e dell’acqua, dunque, favorisce interpretazioni “equivoche” e blasfeme della fontana, verso le quali alcuni soggetti sembrano essere più portati .
Se la fontana sia bella o brutta è una semplice opinione, legata al gusto, alla formazione e alla cultura di chi su di essa esprime un giudizio. Ciò vale per qualsiasi opera d’arte. Ogni opinione va rispettata, anche quando non è condivisa, se è mossa dal libero pensiero.
Ma nessuno può decretare, con l’abbandono e l’incuria, la morte di un’opera d’arte che, per gli scopi che si prefigge, racchiude in sé valori dal respiro universale, a prescindere da qualsiasi valutazione o opinione personale.
Quella che vediamo oggi non è più la fontana concepita e realizzata dall’artista Antonio Di Tommaso. Senza croce e senza acqua essa è un falso senza vita. E’ come il cadavere di un uomo a cui qualcuno ha strappato l’anima, senza pietà. Croce ed acqua vanno restituite al complesso scultoreo per ridargli vita, significato e dignità.
E’ stato anche annunciato il prossimo spostamento della fontana in luogo più idoneo.
Al riguardo è auspicabile che sia interpellato il maestro Di Tommaso, titolare della proprietà intellettuale dell’opera, il quale potrebbe anche suggerire eventuali modifiche da fare. Potrebbe, ad esempio, riprogettare la vasca o rimodellare le teste di Giano, rendendole meno appariscenti, alla stregua dei suoi medaglioni bronzei raffiguranti Padre Pio, applicati esternamente alla vasca.
Alla fontana Luce divina è dedicata la poesia “Memoria tradita“