Viene riportata la relazione del Prof. S.A. Grifa, tenuta nella conferenza commemorativa promossa dal Lions Club il 14 giugno 1998 nel Chiostro “F.P. Fiorentino” del palazzo municipale di San Giovanni Rotondo. (Tratta da Michele Capuano – medico e letterato, di S. A. Grifa. Quaderni di Gargaros, n. 3. Copie numerate. San Giovanni Rotondo 2006).
Dott. Michele Capuano (1913-1993), medico e letterato
Viene riportata la relazione del Prof. S.A. Grifa, tenuta nella conferenza commemorativa promossa dal Lions Club il 14 giugno 1998 nel Chiostro “F.P. Fiorentino” del palazzo municipale di San Giovanni Rotondo.
(Tratta da Michele Capuano – medico e letterato, di S. A. Grifa. Quaderni di Gargaros, n. 3. Copie numerate. San Giovanni Rotondo 2006).
Rivolgo un saluto cordiale e grato a tutti i presenti, augurandovi di trascorrere una serena e piacevole serata.
Un ringraziamento sentito va rivolto alla benemerita Associazione dei Lions Club, Distretto 108 Italy – di San Giovanni Rotondo, che ha organizzato questo nostro incontro ed in particolare al dott. Vittorio Tassi, tanto sensibile ed attento a codesti avvenimenti.
Porgo anche i saluti della Società di Storia Patria per la Puglia Palazzo Ateneo di Bari, cui mi onoro di appartenere.
Oggi siamo qui riuniti, in questo Chiostro che rappresenta il cuore vivo e pulsante della nostra città, per ricordare, a grandi linee, la figura e l’opera del dott. Michele Capuano.
Quando il dott.Tassi mi propose di partecipare a questa serata, io accettai con vera gioia (Gaudium magnum, direbbe Sant’Agostino) ed insieme cercammo di dare una titolazione all’evento, ma subito un’idea, imperiosa e determinante, si sovrappose alle altre: la Memoria.
Ed ecco che titolammo questa serata “Per non dimenticare”, intendendo la Memoria come una grande anima che, lentamente e profondamente, affonda le sue radici nel passato e, rigenerandosi, vive e respira nel presente.
Passato e presente vivono, in una continua simbiosi temporale, spaziale, affettiva, che si fa memoria collettiva di tutto un popolo.
Bisogna, allora, con forza illuminare questi sentieri della memoria, dare voci e volti a quelle ombre ed immagini che improvvise si presentano alla nostra mente ed accorrono intorno al lago del nostro cuore.
E proprio in questa memoria va collocata la splendida figura del dott.Capuano.
Nella memoria collettiva di tutto un popolo, che mai deve dimenticare i suoi figli migliori, io vedo la primaria valenza ed importanza di questa celebrazione-commemorazione: per non dimenticare.
Un popolo che dimentica le sue origini, la sua Storia, le sue costumanze, le sue tradizioni, il suo linguaggio, lentamente ha già cominciato a morire.
Non c’è futuro senza memoria e la giovinezza dei popoli è una lunga e ricca vecchiaia.
E Capuano fu pregevole “Cantore, Aedo, Testimone” di tutto questo.
La stessa memoria collettiva del popolo garantisce il privilegio della sopravvivenza.
Ed è con la memoria che l’uomo vince la sua sfida con il tempo e sulla morte stessa e con Platone possiamo dire che la “Memoria e il Tempo sono l’immagine mobile dell’eternità” ( Dialoghi, Timeo).
Sant’Agostino ammoniva che “Il Tempo è una grande anima che comprende il passato come memoria, il presente come visione, il futuro come attesa ( Le Confessioni, X ).
Non a caso, rivolgendomi a voi, in apertura di questa mia conversazione, ho detto che sono grato a tutti per la presenza dimostrata in questo luogo ed in questo tempio cittadino della Memoria.
Una città non deve mai dimenticare i suoi figli che hanno prodotto un patrimonio culturale, morale, spirituale e deve mostrare loro profonda e sincera gratitudine.
Già il sapiente Demostene ammoniva i suoi Ateniesi:
“..Guai a quella città che non mette al centro delle sue piazze un Tempio dove pregare i suoi Dei.
Guai a quella città che dimentica i suoi Padri e i suoi figli migliori.
Guai a quella città che dimentica la sua storia.
Essa è destinata a trascinarsi miseramente nel nulla del nulla ( Per la Corona, 121 ) .
Un monito che ci fa tremare le vene dei polsi . Ed anche per questo siamo qui riuniti stasera.
Lo stesso Seneca ricordava ai suoi cittadini romani:
“Chi nega il beneficio ricevuto è un ingrato ed è ingrato chi lo dissimula e più ancora chi non lo rende, ma il più ingrato di tutti è colui che lo dimentica (I Benefici, libro III, 3).
Ed ancora:
“Facciamo l’elogio di quegli uomini pii che furono i nostri antenati, secondo l’ordine delle generazioni.L’Altissimo ha profuso in loro la Sua gloria…Rifulsero fra di essi illustri regnanti ; altri furono maestri di musica e composero canti poetici . La gente racconta la loro sapienza e la Sinagoga celebra i loro elogi ( Bibbia, Ecclesiaste, Libro della Sapienza, 44, 1-15).
La nostra presenza qui stasera, vuole essere un sincero e sentito atto di gratitudine nei confronti del dott. Michele Capuano.
Benedetto Croce diceva che una persona non muore mai fino a quando nella mente e nel cuore degli amici resterà il suo ricordo.
Chi era il dottor Capuano?
Come è difficile, però, parlare di un uomo!
Don Bosco soleva dire che quando giudicava un uomo gli tremavano le vene dei polsi, in quanto era tutto un universo che si apriva davanti a sé.
Ed è proprio vero. Io avverto una certa inquietudine nel ricordare e presentare a Voi questa figura, anche perché , il tema degli assenti ha sempre nutrito, stimolato, suggestionato il nostro animo ed immaginario collettivo, in contrapposizione al tema del ritorno (nòstos):
Omero, Platone, Aristotele, Dante, Vico, Proust, Borges.
Il tema dell ’Assente e del ritorno ha sempre accompagnato l’uomo nella sua avventura esistenziale ed ognuno di noi custodisce nel suo cuore la sua Itaca, intesa come un universo di emozioni, di affetti, di sentimenti:
“Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti
ma per seguir virtute e canoscenza “
(Dante, Inferno, XXVI, 117-121).
Sì, proprio la virtù intesa come imperativo categorico kantia- no (..Il cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro di me), proiettata verso la serena e giusta consapevolezza di aver vissuto bene.E bene ha vissuto l’uomo Michele Capuano, seguendo virtute e canoscenza e lasciando dietro di sè una luce (klèos) che illumina tutta la sua persona.
La più grande sciagura per un greco era quella di morire aklèos, senza lasciare traccia di sé, senza luce. Ed anche in questo Lellino è stato grande.
Ora, non voglio annoiarvi elencandovi le sue opere storiche,scientifiche, letterarie: sono tante.Volumi di poesie, narrativa, saggi medico-scientifici, biografie varie.
Io voglio qui presentarvi soprattutto l’uomo e l’amico Capuano. Ho usato la parola uomo ed ancora una volta non a caso.
Egli era per tutti noi Don Lellino. Bastavano queste due parole per individuarlo e caratterizzarlo: non ci voleva altro. Egli era il Medico per eccellenza . Aveva il dono di esorcizzare ogni malattia con la sua calda e suadente parola . Egli vedeva nel malato soprattutto una persona, un uomo, nel senso completo della parola . Era uno stupendo affabulatore e parlava della malattia come se raccontasse una fiaba ed il malato non vedeva in essa un nemico ma imparava a convivere, sentendola come una parte di se stesso che bisognava aggiustare, con pazienza, serenità e qualche preghierina a Padre Pio non guastava mai, come spesso soleva affermare.
Don Lellino era il medico di tutti, l’amico di tutti e mai parola fu usata in modo più appropriato.
Io non intendo, qui stasera, la parola DON in senso patronimico e feudale: essa appartiene ai secoli della vergogna e del silenzio. Io la intendo nell’accezione classica, come Dominus-compos sui (C.Celso), cioè Padrone e Signore di se stesso e non degli altri.
Ed il dottor Capuano fu veramente un Signore. Egli aveva la grazia, la virtù ed il dono della pazienza, della cordialità.
Un grande equilibrio interiore lo guidava nei suoi atti e la sua voce calda , serena, profonda, corposa, tutto ti avvolgeva, ti entrava dentro (direbbe Shakespeare), nel cuore e nella mente e ti dava tranquillità.gioia . E bene avrebbe detto di lui Socrate: “Parla, fa che io ti veda “(Platone, I Dialoghi).
Anche nell’aspetto, Capuano aveva una corposità umanizzante, avvolgente, che lo rendeva affabile, simpatico ed umile nello stesso tempo. Quando eri con lui sentivi nel tuo cuore e nella mente quel gaudium veritatis che tanto amava e cercava il sommo e divino Sant’Agostino.
Il suo volto era sempre sereno, gioviale ed Epicuro avrebbe ben detto che “era lo specchio della sua anima”.
Ho ancora una volta usato, non a caso, la parola umile, riferendomi a Don Lellino, intesa come l’anticamera di ogni perfe-zione. Essa deriva da humus-terra ed egli fu piena espressione di quella terra garganica, nei suoi fiori e frutti più belli.
Humus, come materna terra, cui tutti dobbiamo tendere:
“Antiquam exquirite matrem: Andate alla ricerca dell’antica Madre “ (Virgilio, Eneide, III, 96). “Noi siamo terra orante: nostra sorella e nutrice la terra, madre che ci germoglia unitamente alle eterne radici (D.Maria Turoldo, O sensi miei ).
***
Ogni tanto, per motivi di studio, andavo a casa di Lellino e lo trovavo quasi sempre seduto al suo piccolo tavolo di lavoro, di fronte alla sua immancabile e mitica macchina da scrivere.
Sulla scrivania vi era una miriade di volumi accatastati uno sull’altro e fascicoli a non finire di riviste di Storia, di tradizioni popolari e di varia cultura. Il suo studio mi affascinava profondamente e mi appariva come il Santuario della cultura e del sapere. Lì sentivi e toccavi quasi con mano il respiro delle “humanae voces” che da sempre ci accompagnano nel cammino di civiltà (Garcia Lorca). Lellino mi appariva come Trilussa , seduto al centro della sua stanza da lavoro, circondato e nasco- sto dai suoi libri.
Appena mi vedeva, egli mi stringeva la mano, mi invitava nel suo studio con grande cordialità e dovevo quasi per forza, in segno di ospitalità e di amicizia, accettare o una tazza di caffè o un bicchierino di rosorio, fatto in casa, s’intende!
E poi, guardandomi con i suoi occhi buoni e indicando i suoi libri mi diceva” Saturì (Salvatore), oggi sono proprio contento, ho parlato con Croce, con Virgilio, con Dante…..”.
Un giorno mi parlò dell’autenticità e del restauro di una tela, a proposito di una mostra retrospettiva del pittore-pastore Matteo Russo (Mattaie Cirille, anch’egli sangiovannese).
Io rimasi affascinato dal suo sapere come critico d’arte e dal modo di porgere i suoi concetti a proposito dell’uomo e dell’artista Russo. Le sue parole, modulate all’occorrenza dal timbro di voce (flatus vocis, direbbe Cicerone), ti conquistavano, entravano nel cuore e nella mente e tutto era bello, veramente bello. Quella bellezza estetica del dialogo e della parola su cui il sommo Croce scrisse cose egregie nella sua Estetica.
Per avere un’idea di Capuano come saggista, bisogna leggere “Tempo e immagini del Rinascimento italiano, Vallisa editore, Bari 1990, con presentazione di Mauro Spagnoletti.
Leggendo quelle pagine, si tocca con mano la raffinata, classica e profonda cultura di Lellino e non poteva essere diversamente, se si pon mente all’ambiente culturale e domestico in cui egli visse e fu immerso fin da fanciullo.
Egli era figlio di Matteo Capuano (1876-1948), anch’egli medico, letterato e colto saggista, nonché brillante docente di Lettere greche, latine e di Materie scientifiche . Pubblicò innumerevoli lavori medico – scientifici e tante le sue traduzioni di scrittori e poeti greci e latini, oltre ad essere raffinato filologo, glottologo, e profondo cultore della lingua francese, tedesca, spagnola.
Figura straordinaria, meritevole e degna di essere ricordata.
(cfr.Scritti e discorsi in memoria del dott.Matteo Capuano, nel I anniversario della morte, Sant’Agata di Puglia 1949, pp.33).
Ma questa è un’altra storia !
La presenza di Capuano nella cultura di San Giovanni Rotondo è molteplice e profonda: storiografia, fiabe, racconti, poesie e tanti altri studi non ancora editi, specialmente di demologia.
I suoi volumi hanno raccontato la vita di un popolo nel suo quotidiano e faticoso cammino di civiltà.
Notevole e preziosa la sua presenza come studioso ed esperto anche nella Causa di Beatificazione di Padre Pio. Dal 1983 al fu componente della Commissione storico – scientifica per la suddetta Causa e uno dei suoi ultimi scritti e pensieri è proprio il rapporto medico- scientifico sul miracoloso Cap- puccino , inviato alla Santa Sede prima di morire ( 10 marzo 1993).
Capuano ha dato voce alle speranze, ai sospiri, alle gioie, ai dolori, ai sogni di intere generazioni che hanno vissuto nelle antiche vie del borgo antico di San Giovanni Rotondo.
Il dialetto sangiovannese per Capuano era cosa sacra, da custodire e tutelare sempre e lo considerava come il primo respiro dell’anima di un popolo, come affermava anche Sua Santità Giovanni XXIII. E nelle sue opere poetiche il dialetto assurge veramente ad arte ed espressione sublime dell’anima e del del cuore, fino a farsi pensiero e parola .
Senza dubbio egli è stato uno dei più fini poeti dialettali italiani, come scrisse Marco I. De Santis (In ricordo di Michele Capuano, Pirgiano, IV, 6, Dicembre, Foggia 1993, p.4).
“ L’ultima volta che udii una cantilena d’amore nel dialetto della mia terra, fu una notte di settembre del 1944, in una viuzza della mia città, all’avvicinarsi delle truppe inglesi .
Il canto fioriva melodioso come un’onda di aromi sollevata dal vento.
Fuori era uno stellato di paradiso!
Mi trovai sul balcone non so perché. E non mi accorsi, così avvinto dalla melodia, che moriva in quell’attimo, divisa tra cielo e terra, tutta l’anima della mia gente , con la sua forza, i suoi misteri, in un accorato sospiro di malinconia”.
Così egli scriveva nel Preludio ai suoi “Canti popolari della mia Terra, Foggia 1954”.
E questa gente garganica trovò in lui il suo Aedo e Cantore, il suo affabulatore di storie antiche-anticorie.
La sua poesia si fece canto corale ed epico, specialmente in quella meravigliosa opera intitolata Concerto garganico, che bene si potrebbe appellare Garganide (belli e suggestivi i disegni di Francesco Paolo Fiorentino) per tutto l’universo di sentimenti e di emozioni che preziosamente racchiude.
“…. sarà la lunghezza degli orizzonti o la linea pura dei colli, sarà il verde delle foglie o il fresco colore della terra che par di velluto o la suggestione della luce che gioca la sua danza irreale come in una vasca di acquario; saranno l’aria o il cielo o la polvere dei millenni, per cui tutto è antico e recente, non so come né perché …
Ma chi vi giunge, sente che questa terra lo avvince e lo ferma.
E’ stato sempre un vezzo contrapporre il Gargano magico, perché Dio lo creò in un giorno di letizia, al Gargano chiuso dei briganti, che fanno subito pensare alla strada solitaria, a caverne affumicate tra sassi e sterpi, a casolari e palazzi con l’uscio sprangato. Son tutte cose che paiono semplici, ma poi ti accorgi della loro complessità quando cerchi di studiarle e capirle e vengono fuori certi aspetti nuovi impensati.
Per questo oggi non voglio saperne di rievocazioni storiche, ma mi interessano gli aspetti della terra il cielo e il mare e gli umori della gente che vive e lavora. Il cielo è scoperto, la macchina punta verso nord e il gran sole torrido svela ogni particolare dei rilievi. Nessuna linea diritta, per quanto guardi intorno a me.Non casupole, non prati, non sorgenti.
Nient’altro che la terra, la terra nuda . Più nuda, riarsa almeno in questo tratto…
Il caldo si fa intenso e noi ne proviamo la forza e il peso.
Scendiamo ad ammirare alcuni castagni, altissimi e maestosi, coi loro raggi di fiori gialli…continuo a cercare nei geroglifici del suolo il segno dell’uomo, una casa, un campo arato, una palizzata.
Ed ecco che, invece, il paesaggio si fa verde, si popola di alberi a perdita d’occhio ed entriamo nella frescura, nel sogno.
Ora i boschi ondeggiano come messi , si allungano nel meriggio.
Si distinguono le linee tortuose dei vialetti e dei sentieri, ciascuna con una sua ombra particolare, con una vita ed una profondità diverse… Penso ai vagabondi , ai pastori che l’avranno occupata infinite volte, a qualcuno che vi si sarà fermato in cerca di riposo, di calma oltre il fresco. Per me è come un’oasi nella campagna, un sereno rifugio della natura, dove i nervi si distendono e i pensieri si raccolgono .
Qua dentro io mi chiuderei con una pagnotta e un libro: solo . E non avrei paura d’addormentarmi, di distendermi. (Concerto garganico, cit., pp.9, 29, 30, 31, 32).
Questo era il Gargano di Capuano . Egli sapeva veramente raccogliere il respiro delle cose e tradurlo in vera poesia.
Un altro grande scrittore e poeta ha saputo leggere, sentire e interpretare in questo modo il fascino segreto del Gargano: Pasquale Soccio, figlio della Terra di San Marco in Lamis.
Tra poco sentirete declamare dalla viva voce di un giovane sangiovannese alcune poesie di Lellino, fra le più significative e dedicate, per l’appunto, al suo paese e al Gargano in generale .
“ Nessuno come lui aveva scrutato con tanta sagacia nel profondo dell’anima garganica” (Saverio La Sorsa , nella Prefazione ai Canti popolari della mia terra ) .
Raffaele Corso, un vero monumento della cultura e insigne studioso della civiltà letteraria mediterranea ed italiota in particolare, scrisse di Capuano:
“ Se tutti i nostri paesi , dalle Alpi al mare , avessero fervidi ricercatori della tempra del Capuano, potremmo veramente dire di conoscere le tradizioni e l’anima del popolo italiano dalle molte vite (in M.Capuano, Le Laude, Presentazione, Milano 1959, p.13).
In questa epigrafica considerazione, Capuano trova la sua meritoria e giusta collocazione e certamente egli diventa una guida ed un maestro per tutti coloro che nel nostro paese si
dedicano allo studio del dialetto, delle costumanze e delle tradizioni popolari.
Non bisogna dimenticare la sua opera e guardare a Don Lellino con grande e sincera umiltà di imparare ed attingere, a piene mani, a quel patrimonio che lui ha lasciato al nostro popolo.
Il Museo delle Arti e delle tradizioni popolari di San Giovanni Rotondo (in Corso Matteotti ) oggi porta il suo nome e ciò riempie il mio cuore di una grande gioia , in quanto fui proprio io a presentare la proposta di dedicazione, prontamente raccolta e resa possibile, con grande sensibilità, dal sindaco Prof. Davide Fini .
E con il sommo Orazio bene possiamo affermare:
Exegi monumentum aere perennius
regalique situ pyramidum altius,
quod non imber edax, non aquilo inpotens
possit diruere aut innumerabilis
annorum series et fuga temporum.
Non omnis moriar multaque pars mei
vitabit Libitinam: usque ego postera
crescam laude recens, dum Capitolium
scandet cum tacita virgine pontifex.
***
Ho eretto un monumento più del bronzo
durevole, più forte del regale
squallore che consuma le piramidi;
e non potranno diroccarlo mai
né il roder della pioggia né la furia
del vento aquilonare né la serie
degli anni innumerevoli e la fuga
delle stagioni. Non interamente
io morirò, ma sfuggirà di me
molta parte a Proserpina; alla lode
dei posteri di vita sempre nuova
crescerò finchè salga al Campidoglio
con la tacita vergine il Pontefice
(Orazio, Odi, III, XXX, 1-9. Traduzione di Enzio Cetrangolo).
E Capuano non cadrà mai nell’oblio. La sua opera, come il monumento oraziano, resterà per sempre nella nostra memoria.
“Ma don Michele, uno degli ultimi medici umanisti, non ci ha lasciati a mani vuote, ci ha lasciato il conforto di una tenace consolazione : l’esempio di una vita intensa e fruttuosa, soprattutto, l’impagabile e affettuosa compagnia dei suoi libri, raro alimento spirituale e viatico fraterno e prezioso in questo mondo così straordinario e terribile, dove ognuno di noi, ricordiamolo senza timore, non è che un ospite passeggero.”
( in M.I.De Santis, citato).
***
Don Lellino è morto? No, egli è vivo.
Egli cammina con noi nelle strade e nei vicoli del suo borgo antico, della sua “Chiazza ranna”;
egli raccoglie ancora i sospiri profondi della sua gente e li sussurra dolcemente al nostro cuore e ci accompagna come una dolcissima e cara ombra ( come direbbe il grande poeta Maria Turoldo) ;
egli è presente nell’azzurro del cielo e nelle nuvole che incoronano la cima dei nostri monti e nelle verdi vallate che i suoi occhi seppero guardare;
egli è presente e respira nel vento che fa agitare le chiome delle querce;
egli è presente nei bianchi fiori del mandorlo di Patariello e nelle viole che annunciano l’incipiente primavera;
egli è presente nei fiocchi di neve che dolcemente coprono i tetti delle case dei nostri Padri.
Tutto questo ha cantato ed in questo universo egli sarà sempre presente.
Egli è vivo in noi e nella sua cara compagna signora Salvina Armillotta Capuano, che saluto con grande affetto e sincera stima.
Egli è vivo nei suoi figli e nei figli dei figli, degni custodi e interpreti del suo messaggio culturale, morale, esistenziale.
Essi certamente non dimenticheranno e custodiranno per sempre, nel cuore e nella mente, la voce e l’immagine del loro papà.
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Per non dimenticare
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Un bacio
E ora dammi un bacio,
paese mio di sole e d’allegria,
di vento e di tempesta.Già la festa
si perde nella sera.Tutto il miele
dentro l’arnia è finito .
Io aspetto le viole a primavera,
ma comincia da te la nostalgia.
( M.Capuano, In “ Pajese mie”, cit. )
Brevi note biografiche
tratte da Michele Capuano – medico e letterato, di S. A. Grifa. Quaderni di Gargaros, n. 3. Copie numerate. San Giovanni Rotondo 2006. Proprietà letteraria riservata all’autore.
Michele Capuano nasce a San Giovanni Rotondo il 25 giugno 1913, si laurea in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli studi di Pavia con una tesi sperimentale sulla benzedrina, con il massimo dei voti e la relativa pubblicazione.
Nel 1939 si abilita all’esercizio della professione medica.
Durante la seconda guerra mondiale egli è inviato in Libia (a Misurata), ove svolge le mansioni di ufficiale medico di battaglione ed in seguito viene inviato in Calabria come diriigente dell’infermeria presso il Quartier generale del XXXI Corpo d’Armata.
Insignito, poi, della croce al merito di guerra per le attività svol-te nella campagna bellica 1940-1943.
Ritornato nella sua città natale, viene nominato medico legale e autoptico per conto della pretura di San Giovanni Rotondo, svolgendo anche le mansioni di medico presso l’ambulatorio dell’Opera Nazionale Maternità e infanzia (fino al 1951).
Inoltre, svolge attività di medico chirurgo per molti e molti anni nella sua città natale.
Dal 1970 al 1984 fa parte del Consiglio direttivo dell’A.M.S.I (Associazione dei Medici scrittori italiani), con sede a Roma.
Dal 1972 è socio dell’A.M.I.L . ( Associazione medica inter-nazionale di Lourdes).
Dal 1975, socio della S.I.S.M. ( Società italiana di Storia della Medicina), Roma.
Dal 1983, socio della S.I.H.M ( Società internazionale della Storia della Medicina), Parigi.
1993-1989, componente della Commissione storico-scientifica per la Causa di Beatificazione di Padre Pio.
Dal 1985, socio dell’Associazione meridionale di Medicina e Storia, Messina.
Dal 1986, vice presidente dell’A.S.L.A.I( Associazione sanitari letterati e artisti italiani ), Brescia.
Dal 1990, componente del Consiglio direttivo della Società italiana di Storia della Medicina, Firenze.
Dal 1992, socio dell’Accademia di Storia dell’Arte Sanitaria,
Roma.
Muore il 10 marzo 1993, nella sua casa ubicata nel cuore del centro storico di San Giovanni Rotondo.
Pubblicazioni – Lavori letterari e di vario argomento
Canti popolari della mia terra (etnologia), Cappetta, Foggia 1954.
Giorni di grazia (poesia), SIA, Bologna 1955.
Il serto di Pan (poesia), Cappetta, Foggia 1955.
Il libro di Aglaia (poesia), Convivio letterario, Milano 1957
Le laude (etnologia), Convivio letterario, Milano 1958.
Gente garganica (narrativa), Aster Foggia 1965.
Concerto garganico (narrativa), Cappetta, Foggia 1965.
I grandi garganici (saggistica), Cappetta, Foggia 1966.
San Matteo tra cronaca e storia ( saggistica ), SED, Foggia-Napoli 1967.
L’ospite passeggero, (poesia), Rebellato, Padova 1975.
Quadriga (narrativa), Carena, Sarzana 1977.
Una giornata di Padre Pio ( narrativa), Edizioni Casa Sollievo della Sofferenza, San Giovanni Rotondo 1977.
Quarta dimensione (poesia), Bertoncello, Padova 1980.
Rosso, nero e multicolore (poesia), Bertoncello, Padova 1982.
Cantata sangiuvannara (poesia), La Vallisa, Bari 1986.
Gargano amore (poesia), La Vallisa, Bari 1987.
Pajese mie (poesia), La Vallisa, Bari 1988.
Tempo e immagini del Rinascimento italiano (saggistica), La Vallisa, Bari 1990.
Jangiule e diavule, Nuovo Cracas, Roma 1992.
Piccolo rosario della speranza (narrativa), La Vallisa, Bari 1992.
Lavori scientifici e di storia della medicina
Nicola D’Apolito, Il Gargano, Vico Del Gargano, III, 3, 1952.
La morte fisica di Gesù, La Casa Sollievo della Soffe-renza, S.Giovanni Rotondo, V, 7, 1954.
La vita e l’opera del chirurgo D’Apolito, Leone, Foggia 1962.
L’aspetto fisico di Gesù, La Casa Sollievo della Soffe- renza, S.Giovanni Rotondo, XV, nn.6-7-8, 1964.
Le stimmate di fronte alla scienza, La Casa Sollievo della Sofferenza, S.Giovanni Rotondo, XIX, nn.19-20, 1968.
Una consulenza inedita di Vincenzo Lanza, Atti del XXVII Congresso nazionale di Storia della Medicina, Caserta, Capua, Salerno, 12-14 settembre 1975, Rivista di Storia della Medicina, Roma, XIX, fasc.1, 1975.
Un’esperienza prematrimoniale di Vincenzo Conzaga, La Serpe, Roma 1976.
Inchiesta per la morte di Pietro Leoni, medico personale di Lorenzo il Magnifico, XXVI Congresso nazionale dell’A.M.S.I., Spoleto 1977.
Col Rajberti alla scoperta della civiltà del vino, Atti del XXIX Congresso nazionale della Medicina, Casale Monferrato 1978.
Nicola D’Apolito e il suo metodo di enterorafia, XIV Biennale di studi della storia dell’Arte sanitaria e della Scienza, Fermo 1981.
Vincenzo Raho e la lotta anticolerica in Capitanata, in La Puglia nell’evoluzione del pensiero medico–scien-tifico, a cura di I.Iacovelli. Atti del XXX Congresso nazionale di Storia della Medicina, Taranto, Massafra, Martina Franca, Taranto 1981.
La Medicina nell’opera di Nino Palombo , in Le stagioni di Nino Palumbo, a cura di Sebastiano Martelli e con l’Introduzione di Giuliano Manacorda, Bastogi, Foggia 1983.
Alessandro Minuziano e la prima controversia sul Copyright nella Storia dell’editoria , Atti della XV tornata per gli studi storici dell’Arte medica e della Scienza, Fermo 1983.
Medici e medicina in un gruppo di testi denigratori del passato e del presente, in Medicina e Storia, a cura di Olivio Galeazzi, Atti del XXXI Congresso nazionale di Storia della medicina, Ancona- Senigallia, Ancona 1986.
Una cronaca inedita su Teodorico dei Borgognoni, nominato vescovo di Bitonto, Atti della XVIII tornata per gli studi storici dell’Arte medica e della Scienza, Fermo 1984.
Michele Mitolo fisiologo e storico della medicina, XIX tornata per gli studi storici dell’Arte medica e della Scienza, Fermo 1985.
Prime ricerche su Sibilla ( o Sibilia ) , una chirurga garganica del XIII secolo, XX tornata per gli studi storici dell’Arte medica e della Scienza, Fermo 1986.
I ritratti di Dante e il profilo anatomico del poeta, Il Lanternino, IX, 2, Trieste 1086.
La pazzia di Cardano, XXI tornata per gli studi storici dell’arte medica e della Scienza, Fermo 1987.Pubblicata in Il Lanternino, XI, 1, Trieste 1988.
Prospettive di Medicina sociale nel trattato delle acque minerali di Nicola Andria, II Congresso nazionale dell’Associazione meridionale di Medicina e Storia, Taranto 1986 . Pubblicato in Il Lanternino, Nicola Andria termalismo e Medicina sociale , X, 1, Trieste 1987.
Influenza della nascita della medicina ottocentesca nella struttura della visita medica: la realtà napoletana nel contesto europeo , International Workshop on history, anthropology and epistemology, Senigallia 1987.
Le visite mediche alle stimmate di Padre Pio, Atti del Convegno internazionale di studio sulle stimmate di Padre Pio da Pietrelcina, San Giovanni Rotondo 1987.
Le ombre lunghe della depressione nel teatro di Cechov Atti del XXXIII Congresso nazionale di Storia della Medicina, Sulmona 1987.
La Medicina nell’opera di Giulio Cesare Vanini, XXII tornata per gli studi dell’Arte medica e della Scienza, Fermo 1988.
Il periodo bolognese di Cardano, XXXI Congresso internazionale di Storia della Medicina, Bologna 1988.
Padre Pio e il dolore, XXIII tornata per gli studi storici dell’Arte medica e della Scienza, Fermo 1989.
La fisiologia di Leonardo negli scritti del fisiologo Filippo Bottazzi, XXIV tornata per gli studi storici dell’Arte medica e della Scienza, Fermo 1990.
Medicina e magia nel carisma dei protagonisti europei dal XVI al XVIII secolo. International Workshop on history, anthropology and epistemology of Medicine, II Stage, Senigallia 1990.
Il pensiero di Paracelso tra Medicina nuova e visione magica del mondo, XXV tornata per gli studi storici dell’Arte medica e della Scienza, Fermo 1991.
La Puglia e i problemi dell’infanzia: antiche carenze e certezze, Atti della XXVI tornata per gli studi storici dell’Arte medica e della Scienza, Fermo 1992.
Premi letterari ed encomi vari
Premio Cardone per l’etnologia.
Premio Gargano per la saggistica, Vieste 1966.
Premio di cultura della Presidenza del Consiglio, Roma, 1966, 1974.
Graffito d’oro per la poesia, Genova 1976.
Premio Meloni-Scena illustrata, per la narrativa, Bagno di Romagna 1976.
Premio Colosseum per la letteratura, Roma 1979.
Graffito d’argento per la narrativa, Roma, Campidoglio 1981.
Premio di poesia, Castel del Monte, Andria 1981
Premio di poesia, Scena illustrata, Gracovia 1985.
Premio I migliori dell’anno per la saggistica, Sanremo 1985.
Premio giornalistico del Ministero degli esteri polacco,
Roma, Ambasciata di Polonia, 1985.
Premio internazionale I migliori dell’anno per la saggistica , promosso dai periodici : Scena illustrata (Roma), Przkroj (Gracovia), Policoro (Matera), 1991.
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Il 18 settembre 2006, con una lettera aperta, Protocollo generale n.2435 – il Prof. Salvatore Antonio Grifa ha proposto al Sindaco dott.Salvatore Mangiacotti, di istituire un parco letterario sangiovannese, intitolato al dott. Michele Capuano.
Proprietà letteraria riservata all’autore