Cinque secoli fa un tale di nome Antonio Landi, proprietario di una vigna con casupola, spinto da generoso impulso religioso, donò ai Padri Cappuccini il suo podere, adagiato su un poggio, ad ovest dell’abitato di S. Giovanni Rotondo. Su questo terreno i cappuccini innalzarono le mura del convento, edificato nell’anno 1540 sotto gli auspici dell’arcivescovo sipontino Giammaria di Monte San Sabino, divenuto poi pontefice col nome di Giulio III.
La chiesa ivi esistente, inizialmente intitolata a Santa Maria degli Angeli, fu ampliata e poi dedicata a Maria Santissima delle Grazie il 5 luglio 1676.
Prima di S. Pio da Pietrelcina, questo convento ospitò un altro santo. Nella celletta n. 5, infatti, come lo stesso Padre Pio faceva notare, dormì San Camillo de Lellis, quando il convento non era stato ancora del tutto completato. Camillo vi giunse da laico, inviato dai frati di Manfredonia per scambiare una soma di tagliolini con del buon vino locale.
La serenità del luogo entrò in conflitto con il suo animo turbolento. Padre Angelo, superiore del convento, ne approfittò per parlargli di fratellanza e della caducità delle cose terrene, mentre passeggiavano sotto un pergolato.
L’indomani, nel tragitto di ritorno a Manfredonia, Camillo ripensò alla propria vita dissennata e, giunto nella Valle dell’Inferno, fu come S. Paolo fulminato da un raggio di luce divina. Cadde da cavallo, si inginocchiò per terra, scoppiò in lacrime e fece il fermo proposito di non offendere mai più il Signore, di fare penitenza, e di farsi quanto prima Cappuccino. San Camillo ricordò quel giorno come quello della sua conversione.
Il convento fu chiuso una prima volta dal 1811 al 1816, durante l’occupazione napoleonica del Regno di Napoli. Con l’entrata in vigore della legge di soppressione delle Corporazioni religiose del 1866, serrò nuovamente i battenti e fu affidato al Demanio Pubblico del nuovo Stato unitario liberale.
Nell’annesa chiesetta si venera la sacra effige di S. Maria delle Grazie, alla quale i sangiovannesi sono particolarmente devoti. Detta chiesa era lontana dal paese ed era frequentata essenzialmente dai numerosi i pastori e braccianti delle campagne circostanti «per appurarvi gli atti di pietà e di Cristiana Religione senza ritegno de’ loro logori ammanti».
La chiesa si trovava in condizioni molto migliori rispetto alle altre chiese del paese e i frati si erano impegnati ad impartire l’insegnamento gratuito ai figli del popolo. Per queste ed altre ragioni il consiglio comunale sangiovannese, fattosi interprete del desiderio dei cittadini d’ogni ceto sociale, chiese al Direttore del Fondo per il Culto di risparmiare il convento dai rigori della legge di soppressione proclamando la famiglia cappuccina «Comunità di Beneficenza e di gratuito insegnamento».
Ma i progetto di far restare i frati nel convento non riuscì. E poichè tra frati e popolazione esisteva un legame affettivo indissolubile, le autorità comunali sangiovannesi tentarono in tutti i modi, nell’arco di svariati decenni, di farli tornare nel convento, permettendo anche ad alcuni di essi di soggiornarvi di nascosto per qualche tempo.
I loro sforzi ebbero successo soltanto nel 1909 quando, dopo altre infinite bocciature, le autorità provinciali approvarono un contratto di affitto ventinovennale stipulato tra il Comune i Padri minori cappuccini Francesco Latiano e Nicola Ciavarella, a condizione di tenere aperta al pubblico l’annessa chiesa. Il consesso comunale, composto prevalentemente da elementi di destra, approvò la delibera col voto unanime dei dodici presenti: Giuliani Giovanni (sindaco), Ruberto Antonio, Palumbo Donato, Merla dott. Angelantonio, Barbano Santo, Grifa Francesco, Preziosi Lorenzo, Ricci Francesco, Piacentino Francesco, Camardella Gennaro, Siena Giulio.
Si aprivano così le porte per Padre Pio, giunto a San Giovanni Rotondo il 28 luglio 1916 per non più spostarsi fino alla sua morte avvenuta il 23 settembre 1968.
Qui il Padre Santo occupò prima la cella n. 5; poi la cella n. 1; ricevette le stimmate, confessò, si umiliò, pregò, soffrì per il bene di tutti, guadagnandosi fin dal suo arrivo, a furor di popolo, l’appellativo di Santo, tantissimi anni prima che lo diventasse anche per la Chiesa ufficiale.
La chiesa è arricchita da affreschi del pittore milanese Natale Penati, realizzati negli anni trenta.