Padre Pio è pervaso di amore verso il Padre Celeste e verso il prossimo. Vive la sua vita in funzione di questo amore, che è il suo programma di vita. Amore struggente, mai sazio, al punto da esserne divorato. Anche quando le sofferenze si affiancano all’amore, Padre Pio, vede tali sofferenze nell’ottica dell’amore. Il padre Celeste non può avere alcuna “giustizia punitiva, né preventiva”, ma solo amore. L’autore, attraverso la rassegna dell’Epistolario di Padre Pio, prova questi asserti. In tutti gli scritti di Padre Pio vi è menzione di questo amore verticale verso Dio ed orizzontale verso il prossimo. Questi amori si fondono sino a sublimarsi e divenire un tutt’uno.
E’ stato giustamente detto che le coordinate della spiritualità di Padre Pio sono due: l’amore e il dolore.
Mi porterebbe molto lontano la trattazione di entrambe, per cui, in questa sede, per motivi di spazio, mi limiterò a fissare lo sguardo soltanto sulla prima: l’amore.
In una lettera al suo direttore spirituale, il Santo di Pietrelcina scriveva:
«Sono divorato dall’amore di Dio e dall’amore del prossimo».[1]Epist. I, 1247
Due sentimenti in simbiosi tra loro, fusi l’uno con l’altro a tal punto da diventare un tutt’uno, un amore grande orientato verso Dio, in una direzione verticale, e nel contempo dilatato, in una dimensione orizzontale, verso i «fratelli d’esilio».
Queste linee immaginarie, la verticale e l’orizzontale, intersecandosi, sembrano formare un disegno: la Croce, da cui si sprigiona un lucore che, se abbaglia la mente, eleva fino all’estasi l’anima.
Nessuno ostacolo è riuscito mai a rallentare o a fermare il passo di Padre Pio sulla via dell’amore, unica ragione della sua vita.
L’assunto trova un eloquente supporto probatorio nelle pagine del suo Epistolario, dalle quali il lettore, ogni volta che vi si accosta, trae qualcosa di nuovo scoprendo straordinari particolari, robusti insegnamenti, forti richiami. Una rilettura del medesimo testo, infatti, che con presunzione riteneva di aver sviscerato e compreso in ogni dettaglio, gli fa scoprire novelli spunti di riflessione teologica, mistica e filosofica e gli fa assaporare sconosciute emozioni.
Eppure, nemmeno un attento studio di quest’opera monumentale riesce a far comprendere in pieno la grandezza della sensibilità, dell’animo e della capacità di amare del suo Autore.
Ciò premesso, intenzionalmente eviterò di commentare gli scritti di Padre Pio, per non alterare il significato, la bellezza, la profondità. Mi limiterò solo a fare di essi brevi citazioni. Parlano da sé.
L’amore verso Dio
San Pio da Pietrelcina scrive a padre Benedetto Nardella:
«Una sola cosa dovete domandare a nostro Signore: amarlo».[2]Epist. I, 1247
E’ il suo programma di vita, rivelato in questa esortazione..
Egli non è l’uomo isolato, burbero e scontroso che qualcuno ha con superficialità cercato di presentare. Tutt’altro! È pieno di gioia, nella continua ricerca e nell’offerta generosa dell’amore. Soffre per Gesù e con Gesù, per i fratelli e con i fratelli. La sua, però, non è una sofferenza che produce tristezza. Si tratta unicamente di un’esplosione d’amore che genera serenità e pace interiore.
Ad un suo confratello, scriveva:
«… Soffri, ma la tua sofferenza sia rassegnata in modo da poter dire col profeta: in pace amaritudo mea amarissima (eccola nella pace tutta la mia amarezza). Soffri rassegnato, perché ne hai ben ragione, perché la tua sofferenza è voluta da chi vuole renderti simile al suo Unigenito. Soffri, ma non temere, perché chi ti pone nella sofferenza si compiace di te; ma credi pure che Gesù stesso soffre in te e per te e con te, affin di associarti alla sua passione per la salute dei suoi fratelli. Dio non ti ha abbandonato e né ti abbandonerà. Non è la giustizia, ma l’amore crocifisso che ti crocifigge e ti vuole associato alle sue pene amarissime senza conforto e senza altro sostegno che quello delle ansie desolate. ….. il presente è una crocifissione dell’amore. E dico “amore” perché non si tratta né di giustizia punitiva, né di giustizia preventiva». (Epist. IV, 501 e s.)
Intorno a quest’ultima affermazione si potrebbero scrivere innumerevoli pagine. Padre Pio non vede il Padre Celeste come Colui che incute timore, sempre in cerca di vittime sacrificali per soddisfare la sua giustizia divina; né come un Dio estraneo alla sua vita. Lo considera, invece, come un Padre, il quale vuole che ogni sua creatura diventi simile al Figlio Gesù, associato alla sua passione e alle sue pene. Ecco perché aggiunge:
«…. non ti spaventare…. Non sei solo in tale agonia»[3]ibidem
Sicuramente Padre Pio assapora, fin dagli anni della giovinezza, il profumo dell’eternità. Con tanta semplicità parla di sofferenza, ma al tempo stesso parla di amore. In questi sentimenti non si avverte agitazione nel suo animo, ma quiete profonda, serenità e pace.
Molti si chiedono come tutto ciò possa essere possibile. Lo rivela egli stesso alle sorelle Campanile, sue devote figlie spirituali:
«Non è difficile intenderlo, perché non vivendo più l’anima della propria vita, ma vivendo di Gesù che vive in lei, deve sentire, volere e vivere degli stessi sentimenti, voleri e vita di chi vive in lei».[4]Epist. III, 963
Vive ogni giorno la sua vocazione, che è quella di imitare Gesù. L’intensità con cui la vive gli fa scrivere, a Maria Gargani:
«La bellezza della nostra religione apparisce sì bella, che io ne muoio d’amore» [5]o.c., 296 e a Rachelina Russo: «mai nulla mi separerà dal suo amore». [6]o.c., 503
Un mistico, come Padre Pio, è convinto che la massima aspirazione di una persona è soltanto la libertà di amare senza limiti, senza condizionamenti. Solo alla fine di questo esilio terreno, però, questa condizione potrà realizzarsi in modo perfetto. A Francesca di Foggia, infatti, dichiara:
«L’insaziabile sete che vi divora nasce dal perché non è arrivata l’anima ancora al termine della sua corsa, non è totalmente immersa nell’eterna fontana; il che non può succedere nello stato di viatori» [7]o.c.,149.
Ciò non deve essere, però, motivo di preoccupazione, per cui a Maria Gargani suggerisce:
«non pensare a ciò che non puoi fare, ma pensa a ciò che puoi e fallo bene, e per amore dello Sposo. Rivestiti di nostro Signore Gesù Cristo Crocefisso, amalo nelle sue sofferenze» [8]o.c., 302.
Per amare come sa fare Padre Pio bisogna avere un cuore libero da ogni legame, spoglio da interessi e affetti; un cuore che non abbia nulla da proteggere, nulla cui correre dietro; un cuore che non si lasci vincere da paure e da costrizioni che sappia agire nella pace e nell’amore.
«Mio Dio, quant’è felice il regno interno, quando vi regna questo sant’amore» -confida a Rachelina Russo (o.c., 501), e alle sorelle Ventrella aggiunge: «Il desiderio di amare, in divino, è amore…». [9]o.c., 555
Per poter raggiungere la descritta condizione Padre Pio ha valorizzato e gustato, nella rispettiva unicità e bellezza, tutto ciò che lo circonda, come una sinfonia di suoni. Rapito dalle armonie dell’universo, comprende cos’è l’amore e si immerge in Dio.
« Se in un’anima non ci fosse altro che la brama di amare il suo Dio, già c’è tutto, c’è Dio stesso perché Dio non è dove non c’è il suo amore. Dunque state pur tranquille sull’esistenza della divina Carità nei vostri cuori. E se questa vostra brama non è saziata. Se a voi sembra di desiderare sempre senza giungere a possedere l’amore perfetto, tutto questo significa che voi non dovete mai dire basta».
Questa esortazione, questo invito, lo rivolge più volte ai suoi figli spirituali, [10]cf. o.c. 555 alle sorelle Ventrella; a più riprese, nel 1916 e nel 1918 a Erminia Gargani (cf. o.c. 665, 721) e, come vedremo più avanti, a fra Emmanuele [11]Epist. IV, 497.
La sua insistenza sull’argomento deriva dalla convinzione che non bisogna mai fermarsi nella via dell’amore, né ci si può mai sentire sazi di tale amore. La sazietà potrà aversi solo quando si sarà raggiunto l’oggetto di questo amore: Dio.
San Pio da Pietrelcina considera l’amore, come il sentimento più sublime della vita, che consegue la sua pienezza unicamente nel momento in cui potrà fondersi con il Sommo Bene.
Esso è fonte di felicità e mezzo di santificazione.
«Ama e fa ciò che vuoi. Non hai tu da tempo amato il Signore? Non lo ami tutt’ora? Non brami amarlo per sempre? Dunque nessun timore anche ammesso che tu abbia commesso tutti i peccati di questo mondo, Gesù ti ripete: “Ti sono rimessi molti peccati, perché molto hai amato”» (Lc 7,74) – suggerisce ad una delle sorelle Ventrella [12]Epist. III, 619.
Fin dagli anni giovanili, oserei fin dall’infanzia, il cuore di Francesco Forgione è pervaso di amore. I suoi scritti, sono un inno sublime all’amore. Lo dimostrano i componimenti scolastici giunti sino a noi e tutte le sue lettere, in cui traspare la ricerca del vero amore e l’ansia continua di conformarsi al modo di amare di Gesù.
In una lettera del 12 maggio 1914, indirizzata al suo confessore, il padre Agostino da San Marco in Lamis , in cui ricorda la sua cresima, si legge:
«Al pensiero di quel giorno mi sento bruciare tutto da una fiamma vivissima che brucia, strugge e non dà pena. (…) L’anima è smaniosissima di vedersi del tutto posseduta finalmente da questo gran Dio, dal cui amore ella si sente rubato e trapassato il cuore» [13]Epist. I, 471
In occasione della sua ordinazione sacerdotale, Padre Pio, com’era consuetudine, prepara una immaginetta ricordo in cui scrive:
«Gesù mio sospiro mia vita oggi che trepidante ti elevo in un mistero di amore con te io sia pel mondo Via Verità Vita e per te sacerdote santo vittima perfetta».Penetrare il mistero dell’amore: ecco il suo programma di vita che realizzerà tra tanta sofferenza, nella ricerca continua di «quel fuoco che strugge, brucia e non consuma».
Nella lettera indirizzata a padre Agostino il 9 agosto 1912, il venerato Padre ricorda la festa di San Lorenzo, come uno dei giorni più belli della sua vita:
«Sì, l’anima mia è ferita di amore per Gesù; sono infermo di amore; provo continuamente l’amara pena di quell’ardore che brucia e non consuma. … l’anima mia che si è sprofondata nell’oceano senza rive dell’amore di Gesù» [14]o.c., 297.
È sublime il modo in cui descrive questo amore ed ancor più sublime è il modo e la costanza con cui lo ricerca.
«Il giorno di san Lorenzo fu il giorno in cui trovai il mio cuore più acceso di amore per Gesù. Quanto fui felice, quanto godei quel giorno!» [15]ivi.
Come si evince, il discorso principale è l’amore, perno centrale intorno a cui gira tutta la sua vita anche quando le sofferenze, fisiche e morali, e la malattia si fanno sentire: «Niente desidero, fuorché amare e soffrire. ( …) Anche in mezzo a tante sofferenze, sono felice perché sembrami di sentire il mio cuore palpitare con quello di Gesù» – confesserà al padre Benedetto [16]o.c., 197.
Dio è amore; Dio è l’amore.
L’amore di Dio è infinito, senza limiti, senza misura.
Dante nell’ultimo verso del Paradiso scrive:
“L’Amor che muove il sole e le altre stelle»
San Massimiliano Maria Kolbe afferma:
«Se diciamo che Dio è l’Amore diciamo tutto di lui».
Credo che Padre Pio, sin dall’inizio della sua venuta al mondo, possa considerarsi un’opera d’arte del Signore, migliorata progressivamente nel tempo sino a raggiungere la perfezione auspicata da Gesù nel Vangelo:
«Siate perfetti come è perfetto il Padre mio che è nei Cieli». Un’opera d’arte nata dall’Amore e resa meravigliosa dalla fusione con Cristo.
Padre Pio attraverso questo “Amore” vive in simbiosi col suo Gesù per libera scelta intesa come donazione di tutto sé stesso a Dio.
Il suo inno all’amore viene mirabilmente tratteggiato, oltre che nelle varie missive inviate alle sue figlie spirituali, nella lettera a fra Emanuele da San Marco la Catola, in cui, tra l’altro San Pio scrive:
«Tu mi chiedi un giudizio sul tuo amore verso Dio. ….Se in un’anima non ci fosse altro che la brama di amare il suo Dio, già c’è tutto, c’è Dio stesso, perché Dio non è dove non c’è il desiderio del suo amore.
(…) E se questa tua brama non è saziata, se a te sembra di desiderare sempre senza giungere a possedere l’amore perfetto, tutto questo non prova la mancanza dell’esistenza dell’amore di Dio in te, ma significa piuttosto che tu non devi dire mai basta, vuol dire che non devi né puoi fermarti nella via del divino amore e della santa perfezione.
Tu sai bene che l’amore perfetto si acquisterà quando si possederà l’oggetto di quest’amore, che nel caso nostro è Dio stesso; dunque perché tante ansie e sconforti inutili?». [17]Epist. IV, 497
La ricerca dell’Amore è il segreto che anima il suo vivere e il suo soffrire. L’amore, come ho già detto, è la ragione della sua vita: “o morire o amare Dio”
In tutte le lettere destinate ei suoi direttori spirituali Padre Pio parla dell’amore che lo lega a Gesù. Lo percepisce e lo conferma il padre Benedetto allorché rispondendogli afferma:
«Tutto quello che avviene in voi è affetto di amore. (…) Egli, l’amore paziente, penante, smanioso, accasciato, pesto e strizzato….. è con voi» (Epist. I, 1069)
All’età di trenta anni circa, egli diventa il «Padre Spirituale», il ricercato consigliere, la guida sicura di tanti confratelli, compresi coloro che, per il passato, lo erano stati per lui. Questi, infatti, il padre Agostino e il padre Benedetto, meglio di ogni altro conoscono la sua spiritualità e il suo amore verso Gesù e verso il prossimo.
Nella lettera del 29 gennaio 1919 scritta a padre Benedetto Nardella, suo direttore spirituale, Padre Pio rivela con accenti di fuoco l’entità di questo amore e scrive:
«Mi sento affogato nel pelago immenso dell’amore del diletto. Io vado facendo una continua indigestione. E’ pur dolce l’amarezza di questo amore e soave il suo peso. (…) Il piccolo cuore si sente impossibilitato a contenere l’amore immenso. (…) Ma, mio Dio, nel riversarsi che egli fa nel piccolo vaso della mia esistenza si soffre il martirio di non poterlo contenere: le pareti interne di questo cuore si sentono presso a poco scoppiare, e mi meraviglio come questo non sia accaduto ancora.
E’ vero ancora che quando questo amore non arriva ad introdursi tutto dentro di questo piccolo vaso, si riversa tutto al di fuori.» (o.c. 1122 s).
Anche quando avverte il peso delle tentazioni e si sente solo, perché Gesù si nasconde, Padre Pio con espressioni molto belle, rivela che questi momenti:
«…non sono abbandoni, ma scherzi d’amore» [18]o.c. 198.
Dimostrando di avere la consapevolezza che Dio non abbandona mai i suoi figli, specialmente nei momenti più bui della vita. Sa che non bisogna smettere di amare Gesù neppure un istante, perché è sempre degno di amore.
Al padre Agostino confida:
«Padre mio, se potessi volare, vorrei parlare forte, a tutti vorrei gridare con quanta voce terrei in gola: amate Gesù che è degno di amore» [19]o.c., 293.
Il pensiero di non amare Gesù non lo sfiora nemmeno; soltanto la paura di perdere questo amore lo spaventa, per cui prega continuamente, prega affinché questo amore persista nel tempo e perché abbia quella intensità che merita Gesù. E’ ciò che desidera con tutte le sue forze, perché è certo che senza questo amore soffrirebbe tanto da morire. Lo rivela a padre Benedetto con queste parole:
«Io non amare Gesù e Gesù non amare più me! Questa è una cosa troppo spaventevole per me e perciò mi fa pregare sempre Gesù, che prosegua pure ad amarmi e ci pensa lui a me, se non mi riesce di amarlo quanto merita». [20]o.c., 236; e al padre Agostino scrivendo
«Questo Gesù, quasi sempre mi chiede amore. Ed il mio cuore più che la bocca gli risponde: o Gesù mio, vorrei … e non posso più continuare. Ma alla fine esclamo: sì, Gesù, ti amo; in questo momento sembrami di amarti e sento anche il bisogno di amarti di più; ma, Gesù, amore nel cuore non ce ne ho più, tu sai che l’ho donato tutto a te; se vuoi più amore prendi questo mio cuore e riempilo del tuo amore e poi comandami pure di amarti, che non mi rifiuterò; anzi te ne prego di farlo, io lo desidero. » [21]o. c., 266. E ancora «… sono disposto anche a restare privo per sempre delle dolcezze che Gesù mi fa sentire, son pronto a soffrire che Gesù mi nasconda i suoi belli occhi, purché non mi nasconda il suo amore, ché ne morrei.» (o. c., 335). «Se noi ci sforzeremo di amare Gesù, (…) l’anima sente che non cammina, ma vola.» (o. c., 406).
Il 15 aprile 1915 padre Pio scrive una lettera piena di interrogativi a padre Agostino per chiedere lumi sulla differenza che esiste tra amare e desiderio di amare:
«Forse il Signore non vuole farsi più amare da me? E se questo non è vero, perché il desiderio di amare Iddio supera di molto il fatto stesso di amarlo? Perché Iddio, che è si buono con le sue creature, ricusa di farsi amare quanto l’anima ne desidera?
Deh, ditemi, per carità, perché mai l’anima più sente il desiderio di amare e non ostante gli sforzi che ella fa di amare quanto ella desidera, sente in se stessa farsi un vuoto tale quasi che ella non avesse mai amato?
(…) Morrò io, adunque, senza aver amato mai il mio Dio? O senza averlo amato quanto io il desidero? » [22]o. c., 565
Ma la risposta, la dà a sé stesso il 19 novembre 1916, allorché al medesimo padre Agostino scrive:
«Io non altro desidero se non che o morire o amare Dio: o la morte o l’amore; giacché la vita senza quest’amore è peggiore della morte.» (o. c., 840)
Il Mistico di Pietrelcina paragona questo suo amore ad un vulcano sempre acceso e che non riesce a sprigionare tutto il suo calore. Al padre Benedetto , infatti, dichiara:
«Confesso innanzi tutto che per me è una grande disgrazia il non sapere esprimere e mettere fuori tutto questo vulcano sempre acceso che mi brucia e che Gesù ha immesso in questo cuore così piccolo». E aggiunge «Sono divorato dall’amore di Dio e dall’amore del prossimo». [23]o.c., 1246 s.
Quando poi consiglia come bisogna amare i fratelli, dà una definizione perfetta, che è tutto un programma di vita:
«Bisogna morire in tutti i momenti di una morte che non fa morire se non per vivere morendo e morendo vivere
Ahime’! Chi mi libererà da questo fuoco divoratore? Pregatemi, padre mio, perché venga un torrente di acqua a refrigerarmi un po’ da queste fiamme divoratrici che in cuor mi bruciano senza alcuna tregua» [24]Ibidem
Amore per il prossimo
L’amore che ha verso Dio lo riversa verso i fratelli con lo stesso impegno, la stessa intensità.
«Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi» [25]Giov. 15, 9. «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici» [26]Giov. 15, 13
Una buona azione non è mai così buona come quando non si ha coscienza della sua bontà, la tua sinistra non sa che la tua destra sta compiendo un’opera buona. La si fa perché il farla sembra la cosa più naturale e spontanea di questo mondo. Padre Pio tutto ciò che fa lo fa con amore e santità.
Non può esserci amore senza la capacità di amare il prossimo con umiltà, fede e coraggio.
Nella considerazione dell’amore di Padre Pio verso il prossimo si apprezza la grandezza di Dio; quel pastorello, divenuto, quel “povero frate” col nome di fra Pio, infine, conosciuto come Padre Pio, è stato scelto da Dio per fare arrivare al mondo l’amore, immensa ricchezza, senza il quale la vita non ha alcun significato.
Si capisce come in lui, prescelto dal Signore, sia nato il germe dell’amore e quindi il desiderio di aiutare gli altri, di alleviare le sofferenze dei fratelli, concretamente e nell’amore.
Sin da giovane, oserei sin dalla nascita, il suo cuore è pervaso dall’amore di Dio e del prossimo. I suoi scritti, sono un inno all’amore, per il prossimo, per i bisognosi. Quando si trova a contatto con i compagni ed i superiori, questo inno dell’amore allarga le frontiere. Infatti, l’educatore è doppiamente padre, anche quando il suo ruolo è quello di essere severo con i discepoli; questa severità in ultima analisi non altro che una manifestazione dì amore. Tutto viene visto sotto l’aspetto più bello della vita: l’amore.
Credo sia vertiginosamente trasportato a vivere per i fratelli, specialmente per i fratelli sofferenti e bisognosi e questa missione è andata via via crescendo in lui man mano che aumentava il suo amore verso i fratelli.
«…si sente ardere anche della carità verso i fratelli, che spesso fa spasimare l’anima». [27] Epist. III, 962-963 alle sorelle Campanile
Gesù ha fatto a Padre Pio il dono di consolare chi vive nella sofferenza
Come tutti i mistici, questo amore lo porta ad insorgere contro i modelli e le strutture radicate nella società e nella loro cultura, specialmente quando alcuni diventano coscienti di mali che non si vedono neppure; allora sembra che Padre Pio diventi burbero, ti manda via appena ti incontra o dopo un breve colloquio. Questo suo modo di fare è una violenza-amore che fa sbocciare le rose nonostante le forze si oppongano alla loro fioritura.
Padre Pio è ripieno della fede, anche nella più profonda sofferenza; fede in Dio e nei fratelli; fede che trasforma in amore, trovandosi in un gradino superiore; fede che gli permette di trasformare la sofferenza in gioia. Apparentemente soccombe alla violenza nella sua obbedienza sacrificale. Dopo aver trascorso la sua vita in benedizione e amore. Dopo aver concluso la sua vita terrena in un’apparente fragile e fragrante bellezza, sembra che tutto finisce con la sua morte; invece….il mondo sente ancora una volta il bisogno del suo amore, quale sorgente meravigliosa, dalla quale sgorgheranno sorgenti di d’acque fresche che disseteranno innumerevoli persone e famiglie, arrecando loro conforto e sollievo.
In lui non vi è traccia di quella instancabilità e insoddisfazione, di quelle gelosie, di quelle ansie e di quelle lotte che caratterizzano il mondo degli umani; si erge al di sopra di tutte queste miserie umane, lasciando ogni preoccupazione alla onnipotenza di Dio.
Questa sua capacità di amare Gesù e i fratelli di un amore sacrificale, lo ha elevato, spostandolo in un gradino superiore, in un posto supremo.
Nella vita di Padre Pio non vi è nulla di più importante che conformarsi all’amore di Gesù.
Talvolta sento dire e poi ripetere che Padre Pio era solo, o meglio quasi isolato.
Staccato dalla gente ha conquistato la capacità di amarla arrivando a conoscere cos’è la libertà di amare. Non era lui ad andare alla gente, ma la gente da lui, perché convinto che per fare sgorgare questo suo immenso amore dal suo cuore non c’è bisogno di incontrare la gente, sappiamo che è stato segregato per oltre due anni senza mai smettere di amare; ha continuato ad amare Gesù, il prossimo e la madre Chiesa di un amore travolgente sino al sacrificio della sua vita. Il suo è un atteggiamento, una predisposizione ad amare, perché è l’amore a nascere nel suo cuore per primo; non tanto l’amore per una cosa o una persona in particolare, ma l’amore in se stesso. Sarà questo suo amore ad irradiarsi nel mondo, irrompendo libero nel mondo dell’innocenza e percorrendo la via del misticismo e dimorare in questo mondo di mistici.
«Nel fondo di quest’anima parmi che Iddio vi ha versato molte grazie rispetto alla compassione delle altrui miserie, singolarmente il rispetto dei poveri bisognosi. La grandissima compassione che sente l’anima alla vista di un povero le fa nascere nel suo proprio centro un veementissimo desiderio di soccorrerlo e se guardassi alla mia volontà mi spingerebbe a spogliarmi per vestirlo. Se so poi che una persona è afflitta sia nell’anima che nel corpo, che non farei presso il Signore per vederla libera dai suoi mali? Volentieri mi addosserei pur di vederla andar salva, tutte le afflizioni cedendo in suo favore i frutti di tale sofferenza, se il Signore me lo permettesse» [28]Epist. I, 462 ss a p. Benedetto.
Padre Pio si trova nella sua vita di fronte il mistero del dolore, incomprensibile per la mente umana. Mistero assurdo se non lo si inquadra nell’amore. Per Padre Pio, che era entrato nel trascendente, il mistero del dolore non era né incomprensibile e né assurdo. Aveva capito che inquadrato nell’amore si poteva dare un giusto significato. Padre Pio ha cercato di alleviare le sofferenze sempre con amore. Basta ricordare ciò che disse ai medici il giorno dopo l’inaugurazione dell’ospedale “Casa Sollievo della Sofferenza”:
« Voi avete la missione di curare il malato, ma se al letto del malato non portate l’amore, non credo che i farmaci servano molto.»
Personalmente credo che Padre Pio non è stato mai in nessun momento solo; credo questo per due motivi:
Il primo motivo, è che sta perennemente in compagnia di Cristo;
Il secondo motivo, il personaggio Padre Pio ha vinto l’isolamento dal mondo esterno, dal quale è separato. Ha cancellato il senso di separazione facendo scomparire quel mondo esterno dalla sua anima, ma senza staccarsi dai fratelli e dalle loro necessità e sofferenze.
Innamorato di Gesù e dei fratelli con loro si unisce, senza mai perdere la propria identità, raggiungendo vette altissime, conscio che il regno di Dio è l’amore.
Padre Pio non dà per ricevere, anche se sacrifica la sua vita per Amore verso il suo Dio e verso il prossimo.
La cosa più grandiosa è che questo messaggio di amore continua a perpetrarsi anche oggi. Cioè il suo amore verso Gesù, la Madonna (mammina mia), verso il prossimo, ha prodotto e produce amore. Tanta gente da ogni parte del mondo, attraverso Lui, ha imparato ad amare ed ama.
La salute, la sofferenza, la vita dei fratelli, li sente come suoi sino al punto di sentirsi responsabile di tutto.
Ripetendomi, questa sua scelta di vita è fatta nella più assoluta libertà, mai come fatto coercitivo. Anche se l’ubbidienza ai superiori è arrivata sino all’olocausto di atti, ma mai di sentimenti di amore. Anche quando è stato costretto a vivere una vita isolata, anche in quei momenti è stato vicino con l’amore ai fratelli, specialmente a quelli bisognosi.
«Penso che non esista gioia paragonabile alla gioia di amare; non ha confronti. La gioia di amare è assolutamente unica, ma non è esente da sofferenza. Entrare nell’amore significa entrare nella gioia» (F. Carillon – Gioia di credere gioia di amare. EDB – 2000 pag.279).
Il regno di Dio è l’amore. Inoltre l’amore è premura, è interesse attivo per la vita e la crescita di ciò che si ama e Padre Pio scrive:
«Ti sono vicino e sempre più mi vado immedesimando dei tuoi dolori e godo soffrire con te e per te» [29]Epist. IV, 217 a p. Paolino
Ed ancora: Il dolore e la sofferenza della vita bisogna saperle accettare perché «darà vita a grandi virtù, a nuove e sane energie» [30]Epist. IV, 143 a p. Evangelista
L’amore per Padre Pio è responsabilità; la vita dei fratelli non è un affare loro, ma suo, per cui si sente responsabile di questi suoi fratelli:
«Fratello mio, tu soffri e ne se sono bene compenetrato e questo mi fa soffrire anche assieme a te». [31]Epist. IV, 287 a p. Angelico
Praticare il bene nell’amore deve essere il fulcro della vita che ci proietta verso l’alto:
«Un solo pensiero è quello che deve occupare tutto l’animo tuo: amare Dio e praticare e predicare il bene». [32]Epist. IV, 228 a p. Paolino
Questa pratica dell’amore non è semplice, né facile, specialmente nelle contrarietà, «Pratichiamo bene la santa rassegnazione ed il puro amore di Dio, il quale non si pratica mai così intieramente come fra le contrarietà e afflizioni. Perché amare Dio nello zucchero, anche i fanciulli lo saprebbero fare». [33]Epist. IV, 293 a p. Angelico.
La mobilissima idea per il sollievo dell’umanità, sollievo sia dello spirito che del corpo, nata in lui fin dall’infanzia, si concretizza nella realizzazione di numerosissime opere. Tutte hanno Lui come autore e promotore. Certamente le opere più grandi sono: i Gruppi di preghiera e la Casa Sollievo della Sofferenza. Il giorno dopo l’inaugurazione di quest’ultima, Padre Pio dà il suo messaggio e non poteva essere che un messaggio d’amore. Mi piace ripetermi. Rivolgendosi ai medici ha detto:
«Voi avete la missione di curare il malato; ma se al letto del malato non portate l’amore, non credo che i farmaci servano molto. Portate Dio ai malati: varrà più di qualsiasi altra cura. Nel malato voi curate Cristo; nel malato povero voi curate Cristo due volte!»
Come vero discepolo di Cristo, Padre Pio, fonde la carità verso Dio e verso il prossimo, in unico sentimento.
La stessa cosa viene ulteriormente sottolineata da Giovanni Paolo II nel saluto che fa al personale dell’Ospedale nella sua visita del 23 maggio 1987:
«Il sollievo della sofferenza! In questa dolce espressione si riassume una delle prospettive essenziali della “Carità Cristiana”, di quella carità fraterna, che Cristo cia ha insegnato e che, per suo espresso avvertimento, è e deve essere il “segno distintivo” dei suoi discepoli… Quest’Opera… è una testimonianza dell’amore cristiano. …..si deve formare una vera e propria comunità fondata sull’amore di Cristo: una comunità che affratella coloro che curano a coloro che sono curati da diventare “riserva d’amore”»
Oltre alle sue opere fondate per il sollievo dello spirito e del corpo, ha dedicato la maggior parte del suo tempo al servizio dei fratelli nel consigliarli e confessarli per “strapparli a satana”. Ha realizzato quel programma fatto nel giorno della sua consacrazione sacerdotale:
«… in un mistero di amore con te io sia pel mondo via verità vita e per te sacerdote santo».
Scrivendo a padre Agostino dice:
« Non so negarmi a nessuno. E come potrei se il Signore stesso lo vuole e nulla mi nega di ciò che gli chiedo? » [34]Epist. I, 906;
Credo sia il supremo atto di amore: “Non so negarmi a nessuno”; è la deidizione più completa a chi ne ha bisogno, comunque lo si voglia intendere tale bisogno o necessità.
In un’altra lettera scrive:
« Inoltre dovete sapere che non mi si lascia un momento libero: una turba di anime assetate di Gesù mi si piomba addosso….» [35]Epist. I, 805
La fusione dei due amori
E’ il cammino formativo verso la sublimazione dell’amore; E’ un messaggio forte per la chiesa. Padre Pio è stato e continua ad esserlo oggi, dopo tanti anni dalla morte, un ponte d’amore tra cielo e terra; invia dal cielo messaggi di fede e di amore; è un angelo che segue ed illumina il cammino della vita quotidiana nell’amore.
La ricchezza non consiste nel possedere, ma nel donare. Ricorda che tu sei amore e il suo amore si espande sempre più.
Amando si sente unito al suo Gesù e alle persone; si sente felice e sicuro dentro, pur soffrendo .
«Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Da questi due comandamenti dipende tutta la legge e i profeti». [36]Matteo 22, 36-40
Non si può sopprimere la seconda senza rendere vana e illusoria la prima. Non si può amare il prossimo, senza amare Dio; come pure non si può amare Dio, senza amare i fratelli.
Padre Pio rende tutto ciò come regola di vita, mettendola in pratica nel modo più eccelso.
L’amore di Dio si concretizza nell’amore al fratello.
«Tutto quello che fate ad uno di questi piccoli, lo fate a me».
Sarai immensamente ricco e completo solamente quando sarai riuscito ad accogliere liberamente tutto Dio e tutta l’umanità.
Teresa di Calcutta:
«Alla fine della vita non saremo giudicati sulla quantità del lavoro che avremo fatto, ma sulla qualità dell’amore che avremo messo nel nostro lavoro»
La conclusione di queste mie considerazioni la facciamo fare a Padre Pio stesso;
«Sono tutto di ognuno. Ognuno può dire: “Padre Pio è mio”. Io amo tanto i miei fratelli di esilio. Amo i miei figli spirituali al pari dell’anima mia e più ancora. Li ho rigenerati a Gesù nel dolore e nell’amore. Posso dimenticare me stesso, ma non i miei figli spirituali, anzi assicuro che quando il Signore mi chiamerà, io gli dirò: “Signore, io resto alla porta del paradiso; vi entro quando ho visto entrare l’ultimo dei miei figli”.
Soffro tanto per non poter guadagnare tutti i miei fratelli a Dio. In certi momenti sto sul punto di morire di stretta al cuore nel vedere tante anime sofferenti senza poterle sollevare e tanti fratelli alleati con satana» (Archivio Padre Pio, convento cappuccino, san Giovanni Rotondo).
Elemento centrale nella vita di Padre Pio l’amore
Padre Pio è pervaso di amore verso il Padre Celeste e verso il prossimo. Vive la sua vita in funzione di questo amore, che è il suo programma di vita. Amore struggente, mai sazio, al punto da esserne divorato. Anche quando le sofferenze si affiancano all’amore, Padre Pio, vede tali sofferenze nell’ottica dell’amore. Il padre Celeste non può avere alcuna “giustizia punitiva, né preventiva”, ma solo amore
L’autore, attraverso la rassegna dell’Epistolario di Padre Pio, prova questi asserti. In tutti gli scritti di Padre Pio vi è menzione di questo amore verticale verso Dio ed orizzontale verso il prossimo. Questi amori si fondono sino a sublimarsi e divenire un tutt’uno.
Pietro Gerardo Violi Medico chirurgo IIRCCS Ospedale Casa Sollievo della SofferenzaNote
↑1, ↑2 | Epist. I, 1247 |
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↑3 | ibidem |
↑4 | Epist. III, 963 |
↑5 | o.c., 296 |
↑6 | o.c., 503 |
↑7 | o.c.,149 |
↑8 | o.c., 302 |
↑9 | o.c., 555 |
↑10 | cf. o.c. 555 alle sorelle Ventrella |
↑11 | Epist. IV, 497 |
↑12 | Epist. III, 619 |
↑13 | Epist. I, 471 |
↑14 | o.c., 297 |
↑15 | ivi |
↑16 | o.c., 197 |
↑17 | Epist. IV, 497 |
↑18 | o.c. 198 |
↑19 | o.c., 293 |
↑20 | o.c., 236 |
↑21 | o. c., 266 |
↑22 | o. c., 565 |
↑23 | o.c., 1246 s. |
↑24 | Ibidem |
↑25 | Giov. 15, 9 |
↑26 | Giov. 15, 13 |
↑27 | Epist. III, 962-963 alle sorelle Campanile |
↑28 | Epist. I, 462 ss a p. Benedetto |
↑29 | Epist. IV, 217 a p. Paolino |
↑30 | Epist. IV, 143 a p. Evangelista |
↑31 | Epist. IV, 287 a p. Angelico |
↑32 | Epist. IV, 228 a p. Paolino |
↑33 | Epist. IV, 293 a p. Angelico |
↑34 | Epist. I, 906 |
↑35 | Epist. I, 805 |
↑36 | Matteo 22, 36-40 |