Considerazioni sui miracoli di Padre Pio
Il miracolo della canonizzazione
Padre Pio, è un’invocazione che ti apre un mondo di emozioni, ti fa entrare, in una dimensione di pace, di serenità.
Nella mia mente, nel mio animo, Padre Pio da Pietrelcina, che è stato proclamato santo il 16 giugno 2002 da Giovanni Paolo II, “San Pio da Pietrelcina”, “Memoria obligatio” è stato e rimane “Padre Pio”.
Poiché la malattia è un male, nessun ammalato dovrebbe avere scrupoli a chiedere la propria guarigione. Non è forse nel “Padre Nostro” che Gesù ci ha insegnato: “Ma liberaci dal male”, anche se nella stessa preghiera ha aggiunto: “sia fatta la tua volontà come in Cielo così in terra”. Quindi è un dovere che incombe nella comunità cristiana quello di pregare per i propri malati. “Chiedete e vi sarà dato”
Padre Pio ha dato un significato alla sofferenza; l’ha accettata perché ne capiva il senso; se l’è spiegata perché possedeva una dimensione del soprannaturale; pensando all’umanità sofferente, più di ogni altro ha cercato di portare sollievo; come?
1 – offrendo la sua sofferenza materiale, quella del suo corpo martoriato;
2 – con la sofferenza del suo animo, che vedeva dove gli altri non vedevano e quello che gli altri non vedevano;
3 – con l’istituzione e la fondazione della “Casa Sollievo della Sofferenza”;
4 – con l’istituzione dei “Gruppi Di Preghiera” per il sollievo dello spirito oltre che del corpo, amalgamando un numero immenso di persone;
5 – Con la fondazione di altre numerose opere, che hanno Lui come autore e promotore.
6 – infine, ma non ultime per importanza e numero, con le grazie ed i “miracoli” che riesce ad ottenere intercedendo presso il “Divin Padre”.
Il concetto di miracolo è un concetto prettamente teologico, mentre la scienza li definisce guarigioni scientificamente inspiegabili.
Ho avuto modo di esaminare in modo scientifico molti casi clinici esitati in guarigioni e giudicati dalla gente “miracoli”.
Prima di prenderli in esame è opportuno, volta per volta, precisare alcuni concetti e le linee guida circa il messaggio e la metodica delle indagini.
Comunque la prima fase è quella dell’accoglimento della segnalazione; molti fatti non vengono neppure segnalati perché si è timorosi o si ha paura di essere derisi o considerarti non normali o si vuole essere riservati. Crediamo che chi beneficia di una guarigione sia un privilegiato e che non deve tenere solo per sé tale grazia, ma è chiamato ad essere testimone, perché è alla comunità cristiana che tale segno viene affidato.
E’ uno di quei mezzi semplici che tocca particolarmente il cuore.
So per certo che l’accoglienza viene fatta con priorità; prudente, ma non timorosa; fiduciosa, ma non credulona.
Accanto a questa accoglienza pastorale vi è l’accoglienza medica.
La prima funzione è quella di essere accogliente e disponibile verso tutti quelli che si dichiarano miracolati; in benevolo atteggiamento di ascolto. Non si adottano prioristicamente posizioni diffidenti, negativi, nei confronti delle documentazioni di guarigioni; non viene ricusata alcuna, qualunque essa sia, senza alcun pretesto. Sarebbe ingiustificabile che il medico non fosse aperto alle dimensioni spirituali inerenti la persona umana e non disponibile ad accogliere i numerosi benefici dei malati che si rivolgono a “Padre Pio”. Anche perché Padre Pio non vuole essere colui che intercede per ottenere dei miracoli, ma colui che desidera, innanzitutto, fare di noi i suoi amici, i suoi figli spirituali.
Il miracolo poi , per la Chiesa, nell’antichità aveva un senso, era la prova della verità; nella modernità può essere una pietra d’inciampo , talvolta genera disagio.
L’uomo del XXI secolo, impregnato di razionalità tecnica, stenta ad accettare l’idea del miracolo. La Chiesa accoglie sempre con riserva quei fatti che sfidano la normalità o le leggi naturali, per cui trasferisce esclusivamente su l’uomo di scienza, su di noi, l’incombenza di effettuare la selezione delle guarigioni straordinarie, non spiegabili scientificamente.
Comunque bisogna riconoscere e difendere l’autonomia della scienza e della fede, ma senza confinarli nei loro rispettivi campi, in quanto ognuno ha bisogno dell’altro; la fede e la teologia hanno bisogno della scienza e del suo spirito critico; da parte sua la scienza medica non può scindere l’uomo, ma lo deve vedere nella sua globalità, fatta di corpo e di psiche, quindi ha bisogno della filosofia ed in ultima analisi della fede, pur trovandoci nell’era del genoma, nell’era degli studi molecolari.
La Chiesa non si pone contro la scienza e i progressi della tecnologia, quando tutto è orientato al bene e al rispetto dell’uomo, alla cura delle malattie e al sollievo della sofferenza. Viviamo in un periodo in cui nella nostra cultura occidentale ha predominio quasi assoluto la tecnologia a dispetto di una cultura umanistica. Sembra ci lasciamo guidare dalla ricerca continua della novità su quella della verità. Credo che oggi dobbiamo tornare al concetto che esiste il malato e non la malattia, che esiste il malato nella sua interezza.
E poi
LA SCIENZA NON PUO’ ARROGARSI LA PRETESA DI SAPERE TUTTO SULLA VITA E SULL’UOMO.
Una volta che arriva la segnalazione, il primo esame è quello di discernere se trattasi o meno di vera malattia, cioè se trattasi o meno di un messaggio pastorale di fede oppure una gratuita pubblicità.
Una folla immensa, proveniente da ogni parte del mondo, di ogni estrazione culturale, socio-economica, direttamente o indirettamente si rivolge a Padre Pio per ricevere una grazia o un miracolo. Queste persone realmente, veramente, poi ricevono un segno straordinario, in cui credono di riconoscere un benevolo intervento divino per l’intercessione di Padre Pio. Il miracolo è il segno che Dio ci ama e ci assiste in tutte le necessità…. E quando non opera la guarigione che chiediamo ci dona serenità e pace nel soffrire cristianamente.
Quante persone tornano alle loro case con animo sollevato e sereno dopo una visita o una preghiera rivolta a Padre Pio? Sicuramente tante, innumerevoli..
Quante volte abbiamo visto parenti di malati piangere per un proprio caro; aggrapparsi come ultima speranza alla fede e vederli, poi, sorridenti; erano stati esauditi.
Quante persone abbiamo visto lasciare questa terra con serenità e quel loro sguardo sereno non era proiettato nel vuoto, ma nella speranza di un’altra vita.
Morivano invocando il Divin Padre e Padre Pio, che davano loro forza e serenità che si esternavano nel loro viso, nei loro discorsi, consolanti per i familiari in lacrime.
Allora il pianto dei familiari, non era un pianto di disperazione.
Il miracolo è un segno della “benevolenza di Dio” , “un’espressione della comunicazione divina con gli uomini”. Dal latino mirari, il miracolo è un avvenimento, un fatto sorprendente, che desta meraviglia e stupore.
Abbiamo detto, la scienza stenta a credere ai miracoli perché questi trascendono in modo eccezionale ed occasionale la stabilità delle leggi naturali. Bisogna considerare però che Dio, con la concessione dei miracoli, “non sospende la legge, ma l’applicazione; modifica l’effetto non la legge”; anche se gli scienziati stentano ad entrare nel campo metafisico , comunque non possono negare il “Trascendente”.
Prima di esprimere un giudizio su queste segnalazioni è opportuno valutare gli avvenimenti in un’ottica medico-scientifica e vedere se l’evoluzione della malattia è avvenuta in modo sorprendente , inatteso, singolare, anormale, fuori dai canoni della medicina, straordinaria.
Vediamo adesso quali sono i criteri di guida che seguiamo nell’esaminare le guarigioni che il Signore concede per l’intercessione di Padre Pio:
La malattia sia certa e definita per cui la diagnosi deve essere poggiata su fondamenti scientifici. La malattia sia organica e non psichica o frutto di fantasie o eventuali stati psicogeni. Quindi vengono usati tutti i mezzi scientifici che oggi si hanno a disposizione perché la diagnosi sia di certezza. Indagini bio-umorali, strumentali, istologici ed ogni altro che possa definire in modo certo e completo la malattia.
Una volta definita con certezza la malattia, la prognosi deve risultare, grave, infausta, almeno per l’organo colpito; cioè , se non intervengono altri fattori, i medici con i loro mezzi a disposizione, non possono rapidamente o per nulla modificare il decorso della malattia.
La guarigione sia improvvisa, da considerarsi quasi istantanea. Ciò è molto importante. La biologia e la fisio-patologia ci insegnano che quando interviene una lesione, una malattia organica, il consolidamento e la riparazione delle lesioni avviene per gradi, più o meno lentamente e progressivamente. Occorre cioè del tempo perché il sangue apporti le sostanze necessarie per ricostruire e riparare il danno; pertanto non può avvenire immediatamente, quasi istantaneamente. Insomma questo tempo non può essere annullato dalle leggi attualmente conosciute.
La ripresa funzionale sia immediata. Il cieco vede; il paralitico cammina; il riassorbimento di liquidi avviene immediatamente; si ripristina immediatamente l’attività mentale in caso di lesioni del sistema nervoso centrale. Insomma non vi è la fase di latenza o di ripresa graduale, come normalmente avviene.
Le terapie prescritte ed eventualmente effettuate siano risultate senza alcun effetto sulla guarigione e non abbiano alcuna influenza sul decorso della malattia.
Infine la guarigione deve essere duratura, proprio per quel concetto espresso precedentemente e cioè che l’organo offeso o malato abbia ripreso la sua normale e fisiologica attività e quindi essendo scomparsa ogni forma di rottura e/o lesione, non si può esaurire in un miglioramento effimero, ma deve persistere a successivi controlli e fatti a distanza di tempo.
Ecco quali sono i parametri di valutazione di una guarigione considerata straordinaria da parte della scienza.
La considerazione e la valutazione teologica e trascendentale, non può prescindere di un altro aspetto fondamentale e cioè la costante correlazione con atti religiosi da parte del malato o di altre persone, che possono estrinsecarsi in preghiere, pellegrinaggi, o di applicazioni di reliquie.
Nella valutazione di fatti straordinari che accadano per l’intercessione di Padre Pio, con notevole frequenza, in coincidenza con la guarigione, il sanato o qualcuno dei familiari è pervaso da un’ondata di soave ed indescrivibile profumo. Ormai le testimonianze sono innumerevoli. Non è suggestione, non è psicosi, non è inconsistenza scientifica, ma un dato di fatto in cui Padre Pio, con questo suo segno, fa sentire la sua presenza vicino ai suoi figli, sparsi per il mondo.
Vorrei anche aggiungere che nell’esame di queste guarigioni straordinarie o meno, spiegabili scientificamente o meno, in cui si riconosce un benevolo intervento divino per l’intercessione di Padre Pio, ricorre spesso che il sanato avverte sensazioni particolari, strane, dolorose, seguite da una sensazione di calma, di benessere psichico, pace, serenità psichica e fisica, si ha l’impressione di essere guarito; talvolta si associa la visione di Padre Pio;
nei momenti in cui tutto sembra irrimediabile per i medici, appare lui e ti dice: “Non aver paura, io sto con te, vedrai guarirai”.
Fatte queste premesse, quando abbiamo preso in considerazione la guarigione del piccolo Matteo Pio Colella abbiamo visto che corrispondeva ai requisiti che abbiamo sinora menzionati per cui l’abbiamo considerata clinicamente inspiegabile; per la Chiesa un “miracolo”.
Vorrei fare un’altra piccola annotazione:
prima di prendere in considerazione la guarigione del piccolo Matteo Pio Colella, sono stati esaminati altri casi; in ciascuno di loro non abbiamo ravvisato l’inequivocabile considerazione che potesse trattarsi di guarigione straordinaria.
Ed anche nel caso del piccolo Matteo Pio abbiamo dovuto superare non poche difficoltà; perché la Scienza, i medici, stentano a credere ai “miracoli”. Molto spesso ci manca quell’umiltà di dire: non è opera nostra, non è opera mia.
Comunque fra i tanti casi segnalati, quella che colpì di più la nostra speculazione scientifica e che, subito, apparve di grande interesse per la straordinarietà dell’evoluzione, fu l’istantanea e completa guarigione del piccolo Colella Matteo Pio.
Tale guarigione, ottenuta dal Signore per intercessione di Padre Pio, ha permesso di portare avanti l’iter per la Canonizzazione.
La segnalazione ci venne fatta dalla mamma del bambino in data 08-04-2000. Scrisse una lettera bellissima: “Tu hai detto Gesù: «non si accende una lucerna per nasconderla, ma per collocarla in alto, perché faccia luce a quanti sono in casa». E’ per questo che ho deciso di raccontare del dono meraviglioso che hai voluto fare alla nostra famiglia, in questo lungo , incredibile mese dal 20 gennaio al 26 febbraio 2000”.
A questa sua lettera accluse la copia della cartella clinica e diede l’autorizzazione a farne un uso consentito, rendendo nota la malattia, il suo iter e la guarigione.
Il fatto è stato ritenuto prodigioso ed è stato attribuito alla intercessione di Padre Pio. Si tratta della guarigione repentina, completa e duratura del bambino affetto da: “Meningite fulminante, evoluta in MOFS, complicata da ARDS, con interessamento contemporaneo di nove organi, divenuti insufficienti”.
Il fatto si è verificato a San Giovanni Rotondo nei giorni 20 gennaio-26 febbraio 2000.
Dall’11 giugno al 2 settembre 2000 il Tribunale Ecclesiastico di Manfredonia-Vieste, nella sede arcivescovile di Manfredonia, istruì, sul caso, un regolare Processo diocesano, nel quale furono ascoltati 16 testimoni, 14 indotti dal Postulatore e 2 chiamati “ex ufficio”.
Quelli indotti dal Postulatore sono stati: il bambino Matteo Pio Colella ed a seguire i genitori; Il papà Colella Antonio, medico; la mamma Ippolito Sanità Maria Lucia, insegnante. Inoltre furono chiamati a testimoniare i medici e gli infermieri del reparto di Pediatria e di Rianimazione, dove fu ricoverato il bambino; un nefrologo e lo zio del sanato, anch’esso medico. Furono ascoltati ex ufficio, l’insegnante del bambino ed un frate, amico della famiglia Colella.
Ottemperando al dispositivo della legge canonica, la quale impone che il sanato sia visitato, dopo l’asserita guarigione, da due periti, il Tribunale ha convocato un cardiologo, come I perito ab inspectione ed un professore ordinario di Medicina interna presso Università degli studi di Palermo, come II perito “ab inspectione”. Essi hanno depositato e rilasciato una relazione scritta. Gli illustri medici hanno confermato lo stato ottimale di salute del sanato. Quindi la guarigione è stata duratura nel tempo. E’ stata opinione dei periti che « il piccolo Matteo Pio Colella si debba considerare completamente e definitivamente guarito dalla patologia di cui ha sofferto».
I medici, che sono stati chiamati a deporre al processo diocesano, sono stati tutti concordi nel ritenere il fatto scientificamente inspiegabile sulla base delle attuali conoscenze mediche.
Quindi il 2 settembre 2000 veniva chiuso il Processo Diocesano; veniva raccolta una voluminosa documentazione scientifica, comprensiva della copia delle cartelle cliniche, copia delle radiografie e di altre indagini strumentali.
Il 18 ottobre 2000 tutta la documentazione veniva consegnata alla Congregazione delle Cause dei Santi.
Il 12 gennaio 2001 veniva dichiarata la validità del processo dalla Congregazione delle Cause dei Santi.
La Postulazione Generale ha chiesto poi un giudizio medico-legale ex Ufficio ai professori, Giovanni Rocchi e Francesco Di Raimondo.
Il giudizio del prof. Rocchi nella sua lunga perizia medico- legale concluse: “A questo punto il giudizio prognostico può essere considerato infausto in relazione allo stato di insufficienza multiorganica”.
Il prof. Di Raimondo anch’esso conclude con lo stesso tono:
“Nessuna difficoltà a confermare la diagnosi di dimissione” confermando che trattasi di sepsi meningococcica con simultaneo e significativo danno in più sedi “Quadro ora classificato come MOFS. Gli organi colpiti in misura gravissima erano superiori a cinque. In merito ai criteri emersi negli ultimi tempi nella letteratura medico-scientifica internazionale, criteri adottati in via definitiva per un giudizio prognostico qoad vitam: in concreto si ritiene che , qualunque sia la causa prima, un colpito da MOFS vada incontro a morte certa quando risultino coinvolti almeno sei comparti”. Continua: “Ci si trovava di fronte non ad un corpo di vivente ma, un organismo umano su cui si erano già colti i fenomeni indicativi di una morte”.
Il 22 novembre 2001 si riuniva la Consulta Medica per l’esame della guarigione del bambino Matteo Pio Colella.
Alla seduta erano presenti: S. Em.. Rev.ma il Cardinale J. Saraiva Martins, Prefetto della Congregazione; S. Ecc. Rev.ma Mons. Edward Nowak, Segretario; il Rev.mo Mons. Michele Di Ruberto, Sottosegretario; il Rev.mo Mons. Sandro Corradini, Promotore Generale della Fede.
La Consulta Medica era composta dal Presidente Prof. Lorenzo Bonomo e dai Proff. Francesco Di Raimondo, Giovanni Battista Pignataro , Rodolfo Proietti, Giovanni Rocchi. Segretario il Dr Ennio Ensoli.
ALL’UNANIMITA’, cinque su cinque, sono giunti alle definizioni conclusive.
Diagnosi: Insufficienza multiorgano.
Prognosi: infausta.
Terapia: efficace per l’infezione batterica; inefficace per le conseguenze; inesistente per il rimanente.
Modalità di guarigione: rapida, completa e duratura, senza postumi; scientificamente inspiegabile.
Il 12 dicembre 2001 si riuniva la Commissione Teologica, che all’unanimità dichiarava “Credo che siamo in presenza di elementi più che sufficienti per concludere con tutta certezza morale che la guarigione di Matteo Pio Coltella, dichiarata all’unanimità scientificamente inspiegabile dalla Consulta Medica e avvenuta in perfetta concomitanza cronologica con le ininterrotte preghiere che tante persone devote rivolsero al Padre Pio, sia da attribuire all’intercessione del nostro Beato.
Il 18 dicembre 2001 si riuniva la Commissione Cardinalizia, che all’unanimità dichiarava la validità del miracolo.
Alla presenza di Sua Santità Giovanni Paolo II, il 20 dicembre 2001, nella sala Clementina vi è stata la lettura del decreto sul miracolo, attribuito all’intercessione del Beato Pio da Pietrelcina. Con la promulgazione e la suprema approvazione da parte del Papa del decreto di tale miracolo si spalanca la porta della canonizzazione.
Il 26 febbraio 2002 si decideva la data della Canonizzazione, ormai nota a tutti, 16 giugno 2002 in Piazza San Pietro.
Il fatto
La famiglia:
Il piccolo COLELLA MATTEO PIO è nato a San Giovanni Rotondo il 4 dicembre 1992. La famiglia è composta dal papà, Colella Antonio, di anni 42, medico; dalla mamma Ippolito Sanità Maria Lucia di anni 40, insegnante; dal fratello, Alessandro di anni 14.
Il mattino del 20 gennaio 2000 il bambino va regolarmente a scuola, in condizioni perfettamente normali.
La mamma così ricorda: “E’ oggi che incomincia l’avventura straordinaria della mia famiglia, l’incubo terribile terminato poi come una favola”.
Il bambino a scuola accusa forte mal di testa. La maestra così ricorda quei momenti: “Durante la mia ora di lezione il piccolo Matteo Pio ha cominciato a manifestare brividi generalizzati e teneva il capo inclinato verso il banco. Alla mia richiesta di riferire che cosa egli avvertisse, il piccolo rispondeva solo con cenni del capo, restando verso di me, come se avesse difficoltà a sollevare il capo”. Vengono avvisati i genitori, che vanno ad accertarsi del motivo. Il papà, medico, andato a scuola trova Matteo vicino al termosifone tremante. Constata febbre elevata, circa 40°C, brividi; il bambino presenta sonnolenza e torpore, successivamente vomito.
Viene trasportato al proprio domicilio; gli viene somministrato un antipiretico, con scarso risultato, infatti la febbre si mantiene sempre alta e si associa un nuovo episodio di vomito alimentare. Quel pomeriggio il papà sta da solo con l’altro figliolo, Alessandro, in quanto la moglie è a Foggia per motivi di lavoro.
La febbre, nonostante i presidi terapeutici, non recede, per cui il papà chiede il consulto di un pediatra, che per motivi di lavoro si reca dopo qualche ora. Il pediatra visita il bambino e constata febbre elevata e una discreta diminuzione della vigilanza complessiva. Allerta il papà per eventuale ricovero ospedaliero, se dovessero comparire segni meningei, ancora non manifesti in modo eclatante; tutta la sintomatologia la si attribuisce alla febbre elevata. Ancora più accortezza si deve prestare alla eventuale comparsa di manifestazioni petecchiali.
Verso le ore 20,30, sempre del 20 gennaio 2000, ritorna la mamma da Foggia, entra nella camera, saluta e chiama Matteo, ma il bambino, con gli occhi persi nel vuoto, non la riconosce. La mamma si avvicina per dargli un bacio e si rende conto che ha delle macchie più o meno grandi, violacee sul collo e sul torace. Si scatena un po’ il panico. Consultato telefonicamente il pediatra, che lo ha precedentemente visitato, consiglia il ricovero immediatamente, anzi sospettando una infezione meningococcica, è lui stesso ad avvisare il medico di guardia del reparto di Pediatria e il collega più anziano reperibile.
Vengono altresì informati i parenti della gravità del caso.
RICOVERO IN OSPEDALE – PEDIATRIA
Si prepara in fretta tutto e si accompagna il piccolo nell’Ospedale Casa Sollievo della Sofferenza, Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico, di San Giovanni Rotondo. Giunti al Pronto Soccorso, Matteo, è saporoso, risponde con difficoltà agli stimoli verbali; viene adagiato sulla barella e portato nella corsia di Pediatria.
Alle 21,20 della stessa giornata viene ricoverato nella Divisione di Pediatria.
Il pediatra di turno sta attendendo Matteo Pio in medicheria, in quanto informato della gravità in cui versa il bambino. Le condizioni cliniche infatti, appaiono subito di notevole gravità; facies sofferente; la cute si presenta pallida, con petecchie per numero e diffusione in crescendo; il sensorio obnubilato.
Vengono eseguiti dei prelievi ematici e nel frattempo giunge il pediatra, amico di famiglia, che aveva visitato Matteo circa due ore prima. La sua sorpresa è quella di verificare che la disseminazione delle lesioni petecchiali è stata rapida, a tal punto che esse coprono l’intera superficie corporea, indice prognostico di per sé negativo.
Nel frattempo ai due pediatri si aggiunge il reperibile, in servizio di pronta disponibilità. All’osservazione del medico il piccolo Matteo Pio presenta delle lesioni petecchiali, alcune delle quali già in evoluzione necrotica, localizzate alla cute degli arti inferiori, ai glutei, alla radice degli arti superiori bilateralmente; tali lesioni vanno aumentando di numero e di estensione. Le petecchie sono diffuse a tutto il corpo; inoltre presenta un notevole calo pressorio.
Alle 22,30 viene eseguita puntura lombare. Vengono praticate altre indagini strumentali.
Gli esami di laboratorio e strumentali confermano la gravità della malattia, che si è evoluta in 12 ore circa.
Quindi la clinica e gli esami mettono in evidenza già una situazione clinica di notevole gravità rapidamente evolutiva: e precisamente Meningite fulminante, complicata da DIC, ipotensione, compromissione renale. Ma la cosa più drammatica è la continua evoluzione della malattia con interessamento di altri organi man mano che trascorre il tempo.
In modo inesorabile, nelle ore successive, sono interessati, divenendo insufficienti, nove organi.
Appunto per questa evoluzione rapida, ai tre pediatri, che hanno in cura il bambino, dopo poco, si aggiunge un medico anestesista rianimatore, esperto di patologie pediatriche.
Tutti d’accordo si decide il trasferimento in Rianimazione II;
la patologia, già grave all’ingresso in ospedale, tuttavia il trasferimento in Rianimazione è deciso congiuntamente dai presenti, dopo aver verificato che, ad onta della terapia intrapresa, le condizioni di Matteo Pio continuano a rimanere molto gravi ed a peggiorare.
Così ricorda la mamma:
“Intanto Matteo dopo un … consulto tra pediatri e rianimatori viene portato con la barella verso l’ascensore per essere trasferito in Rianimazione.
Io lo guardo avvilita per l’ultima volta, mentre si chiude la porta dell’ascensore”.
RIANIMAZIONE
Quindi Il giorno 20 gennaio 2000, alle 23,30, per ulteriore peggioramento delle condizioni cliniche, viene trasferito in Rianimazione II.
Così viene riportato nella cartella clinica della Rianimazione II.
Le condizioni cliniche diventano sempre più critiche, nonostante i provvedimenti terapeutici intrapresi; infatti alle ore 2.00 del 21 gennaio 2000, sono trascorse poco più di 14 ore dall’insorgenza, si incomincia ad infondere, nor-adrenalina, dopamina, antitrombina III; la diuresi è scarsa; alle 4.00 si somministra 1 unità di piastrine; si inizia ipotermia fisica; si somministra Lasix, la diuresi è scarsa. Insomma, la notte non porta un miglioramento dello stato clinico al contrario, un progressivo deterioramento delle funzioni vitali sino al coinvolgimento di altri organi, divenuti insufficienti.
Gli esami eseguiti durante la notte e al primo mattino sono un segno della devastante patologia che sta per consumarsi.
Viene ripetuta la puntura lombare, il liquor è torbido,”scuro”, purulento.
Il mattino del 21 gennaio si consuma un dramma e si ravviva una speranza, inattesa.
Il mattino del 21 gennaio 2000, dalle ore 7,00 in poi, la situazione clinica precipita con compromissione di tutti i parametri vitali. Diventa dapprima tachicardico (150/mn), tachipnoico. Il circolo è sostenuto dalla noradrenalina, nonostante ciò la pressione arteriosa non è rilevabile.
Intanto compare una grave insufficienza respiratoria.
Si procede ad intubazione endotracheale ed a ventilazione meccanica.
Alle 9.00 le condizioni cliniche sono disperate; anossia, cianosi generalizzata, nonostante la ventilazione meccanica assistita vi è desaturazione <30%; l’infermiera presente precisa 18%; edema polmonare acuto (ARDS); pressione arteriosa non rilevabile per shock settico; tutto il corpo è ricoperto di petecchie per DIC; dalla tachicardia è passato alla bradicardia estrema per grave insufficienza cardiaca; non risponde ai diuretici per assenza di perfusione renale, per cui si instaura: insufficienza renale acuta. Tutto fa pensare che si sia instaurata una insufficienza surrenalica.
Per arresto cardiaco, si procede al massaggio cardiaco esterno.
Tale situazione clinica disperata con i suddetti parametri si prolunga per oltre un’ora.
Dopo ripetuti tentativi rianimatori, aspirazione di sangue dal cavo faringo-tracheale, l’addome è globoso, teso, si pensa al decesso di lì a qualche minuto.
I medici sanno bene di trovarsi di fronte ad una meningococcemia fulminante da Neisseria Meningitidis, evoluta in MOFS complicata da ARDS; l’esordio è brusco, non sono ancora trascorse 24 ore. Vi sono tutte le complicanze: collasso vasomotorio e shock, DIC, le lesioni petecchiali e purpuriche si allargano rapidamente sino a provocare estese emorragie cutanee; quando insorge il coma, la gittata cardiaca diminuisce progressivamente e la pressione arteriosa cade, è inevitabile il verificarsi del decesso.
Tutti coloro che sono presenti o, che, comunque, vivono l’episodio, ricordano questo drammatico momento come qualcosa che resterà indelebile nella loro memoria.
La mamma del piccolo Matteo Pio così ricorda:
“La notte passa lenta, con una dilatazione dei minuti e dei secondi che mai, avevo provato prima.
Il pediatra, che rimarrà con noi in tutti quei lunghi giorni, e mio marito continuano ad entrare ed uscire dalla porta della rianimazione, nel tentativo di elemosinare notizie sul bambino. Questa notte infinita trascorre trafiggendo i nostri cuori”.
Il ricordo del papà medico è ancora più drammatico:
“….Rimango assieme a Matteo. Vivo questo periodo nell’angoscia di sapere che da un momento all’altro posso perdere Matteo, con l’incubo della risposta degli esami ematochimici, della radiografia del torace, della diuresi e di tutti i parametri cardiorespiratori riprodotti sul monitor. Ricordo con molta angoscia il viso del primario, quando la mattina del venerdì 21 gennaio mi affaccio al box dove è mio figlio. … Egli si gira verso di me e senza un cenno di saluto evita subito il mio sguardo. Capisco allora che per Matteo è finita”.
Il primario così ricorda: “Già in quei momenti ero convinto della impossibilità di un successo o quanto meno ero convinto che… sarebbero reliquari danni cerebrali e renali… Le dimensioni cardiache così come desunte dai radiogrammi, la necessità di un supporto circolatorio con dosi molto alte di adrenalina e noradrenalina (dosi che definirei molto alte anche per un adulto) mi facevano convinto di una possibile morte cardiaca improvvisa o comunque di una cardiopatia se il bambino fosse sopravvissuto”.
Lo stesso dottore così continua:
“Personalmente molte volte ho pensato che il decesso si poteva realizzare di lì a qualche momento. Ho ammesso a me stesso ed ho manifestato ad alta voce con i miei collaboratori in più di una occasione che non ritenevo possibile una risoluzione positiva. Aggiungo che nel caso specifico si sono realizzate delle circostanze favorevoli indipendentemente dalla nostra volontà”.
L’aiuto, medico rianimatore, che ha preso in cura, assieme ad altri colleghi, il bambino sin dal mattino del 21 gennaio 2000:
“….. Ci sono sicuro stati momenti di forte perplessità, sulla opportunità di proseguire le manovre rianimatorie medesime, in quanto persistevano condizioni di cianosi generalizzata estrema e midriasi fissa bilateralmente e bradicardia estrema protrattasi per almeno trenta minuti e più.
Questa bradicardia in un bambino è paragonabile all’arresto di circolo.
Durante questo periodo si è pensato al decesso del sanato che sembrava dovesse verificarsi da un momento all’altro”.
Così ricorda uno de medici anestesisti rianimatori, esperto di patologie pediatriche, che, sin dal ricovero in pediatria, ha prestato soccorso al bambino:
“Ricordo che nel corso della mattina (21 gennaio 2000) è stata eseguita una puntura lombare con emissione, questa volta, di liquor torbido e purulento.
Nella fase acuta la prognosi era infausta quoad vitam e riservata quoad valitudinem”.
La descrizione dell’infermiera professionale della Rianimazione II, presente di turno la mattina del 21 gennaio 2000, è fortemente drammatica:
“Ricordo di aver preparato il materiale sterile per la esecuzione della puntura lombare. Nel frattempo sivaveva provveduto ad intubare il piccolo Matteo Pio.
Al momento del prelievo del liquor, il liquor stesso si presentava denso e di colorito nerarstro. Al termine della procedura, rimettemmo il piccolo Matteo Pio in posizione supina, e ci accingemmo a fare la detersione delle vie aeree superiori. Fu in quel momento che incominciò a manifestarsi una estrema bradicardia ed una desaturazione dell’ossigeno ematico, come era possibile rilevare dal monitor situato accanto al paziente. La cute di Matteo Pio ha cominciato a presentarsi cianotica, le stesse petecchie, da un colorito rossastro, viravano verso il colorito nerastro. Ricordo con esattezza di aver seguito con apprensione la diminuzione del valore di saturazione dell’ossigeno sul monitor, che raggiunse anche il valore del 18%. La frequenza cardiaca era pari a 23 battiti al minuto
La pressione già bassa sin dall’inizio, è divenuta imprendibile; il piccolo Matteo Pio non si riprendeva.
Non c’era nessuna ripresa. Tutti eravamo disperati, gli occhi arrossati e con le lacrime.
“Proprio in quel momento mi atterriva il pensiero di dover proprio io provvedere al lavaggio del cadavere, prima del trasferimento in camera mortuaria. Come lo vestiremo? Come dobbiamo riferirlo alla madre?”.
Dello stesso tenore sono le descrizioni di tutti quelli che sono presenti quella mattina e si sono precipitati ad aiutarsi l’uno con l’altro con la speranza di strappare quel bambino alla morte.
L’infermiere professionale di turno:
“Ricordo distintamente che le condizioni del bambino divennero ad un certo punto estremamente critiche.
Ricordo che uno dei medici ci riferì ad alta voce che a suo giudizio proseguire nei tentativi di rianimazione sarebbe stata una cattiveria”
La conclusione è che tutti pensano al decesso da lì a qualche minuto; tutti i presenti, dall’équipe medica al personale non medico, sono convinti di tale evento.
E’ una situazione veramente disperata; quella situazione in cui si esauriscono le risorse della scienza; ed ecco che quel caso disperato, improvvisamente si risolve come d’incanto.
I medici e tutti i presenti raccontano l’episodio ancora con le lacrime agli occhi, perché per tutti il bimbo è considerato irrecuperabile.
Invece, improvvisamente, accade qualcosa di straordinario e con l’incredulità di tutti. Quel centro del respiro, probabilmente leso dalla meningococcemia, quel quadro toracico che, per ben due giorni, sino al 24, è di “tipo peggiorativo con aspetto a “vetro smerigliato ” di entrambi i campi polmonari, specie il destro, ove sembra associarsi minimo versamento pleurico”, riprendono ad ossigenare il sangue, anche se ancora non in modo perfetto, saturazione in O2 al 78% e poi al 100%; il cuore riprende la sua corsa, la pressione arteriosa è rilevabile, adeguata per perfondere adeguatamente gli organi. I parametri vitali si mantengono stabili e soddisfacenti.
Le complicanze hanno un andamento di veloce risoluzione, compresa l’insufficienza renale, E’ ovvio che nel frattempo sono state prese tutte le dovute precauzioni ed iniziato il dovuto trattamento.
Però passata la fase critica della sopravvivenza, incominciano a sorgere altri dubbi: quali saranno gli esiti? Un cervello, che, già affetto da meningococcemia, ha avuto un così lungo periodo anossico, che è stato per così lungo tempo non perfuso, che danni ha subito?
Questi interrogativi tormentano i medici; la loro paura di trovarsi di fronte un bambino con dei deficit mentali o nervosi ha un fondamento scientifico. Infatti viene eseguito: EEG con il risultato seguente: “……. Marcate anomalie bioelettriche di tipo lento diffuse espressione di sofferenza di media entità”
Il bambino è sedato con morfina ed è curarizzato, per cui non si riesce subito a valutare la risposta del danno nervoso.
La sera del 31 gennaio, sono trascorsi appena 10 giorni, si sospende la sedazione e la curarizzazione; riposa durante la notte.
Viene concesso ai familiari di essere presenti vicino al suo letto ed assisterlo dal punto di vista psicologico.
Ecco l’altra sorpresa che colpisce i medici. Il diario clinico del 3 febbraio riporta: “Il Paziente è stato tranquillo; vigile e cosciente”, è sempre in respiro assistito. Il pomeriggio del 4 febbraio: “Parametri vitali stabili. Paziente sveglio collaborante. Effettuato ciclo di respiro spontaneo. Il 5 febbraio: “Paziente sveglio, collaborante. Effettuato ciclo di respiro spontaneo. Non ha deficit motori”. Il 6 di febbraio: “Paziente ben sveglio, orientato, collaborante”.
Tale situazione sorprende tutti. Uno dei rianimatori:
“Confermo che, tenendo conto di tutte le complicanze cliniche accadute, si sono sospettate delle lesioni cerebrali e sono rimasto molto sorpreso della rapidità di ripresa dell’attività cerebrale (sono rimasto molto sorpreso nel vedere il bambino ancora ricoverato in terapia intensiva mentre giocava alla playstation)”.
La stessa giornata, infatti, il bambino gioca alla playstation e dialoga tranquillamente con la mamma.
La sera del 7 febbraio: “Rimosso catetere vescicale”. L’8 febbraio: al mattino: “Paziente sveglio, collaborante. Ha urinato spontaneamente, senza catetere vescicale”. Rimane in respiro spontaneo per tutta la giornata. Il suo essere, collaborante, orientato e ben sveglio, forse troppo, viene sottolineato dal personale infiermeristico, a tal punto da “prendere in giro” qualcuno dei componenti.
Il pomeriggio del 12 febbraio 2000 alle ore 16 viene ritrasferito in Pediatria; non vi è alcun motivo per la sua degenza in Rianimazione.
Il 26 febbraio 2000 viene dimesso dalla Pediatria, guarito.
Alcune considerazioni scientifiche:
la malattia che ha colpito il piccolo Matteo Pio è una complessa e devastante situazione clinica, che si raffigura nella MENINGITE FULMINANTE evoluta nella MULTIPLE ORGAN FAILURE SYNDROME + ACUTE RESPIRATORY DISTRESS SYNDROME (MOFS+ARDS).
La MOFS nel paziente Colella Matteo Pio ha interessato 9, dico nove, organi; ciò è stato dimostrato in modo chiaro ed inequivocabile. Tutto ciò è stato ammesso dagli stessi medici che lo hanno avuto in cura.
Mi sembra opportuno ricordare che la letteratura internazionale, nella casistica della percentuale di mortalità, si ferma all’interessamento di cinque organi, perché subito dopo, cioè a sei organi, non si è mai descritta la sopravvivenza di alcun paziente in quanto la mortalità è del 100%.
I Pazienti affetti da MOFS con interessamento di tre organi e che riescono a superare tale grave situazione clinica, vengono considerati dei sopravvissuti ed hanno una ripresa molto, ma molto, lenta. Certamente questi pazienti non si svegliano, come è accaduto a Matteo Pio Colella, in circa 10 giorni chiedendo di succhiare un ghiacciolo alla Coca Cola e di giocare alla Playstation, pur essendo affetto, ribadisco, da: meningite fulminante + MOFS, con interessamento di 9 organi, ed ARDS. Il coma è stato così lungo perché farmacologicamente indotto, ma nel momento in cui si sono sospese la curarizzazione e la sedazione con morfina e quindi il coma farmacologico, dopo circa dieci giorni, il bambino si sveglia come se non avesse avuto nulla e, appunto, chiede di gustare un ghiacciolo alla coca cola e di avere una playstation, che gli viene portata e con cui si mette a giocare; tutti noi sappiamo che attenzione e concentrazione richiede un gioco di tale portata al “computer”; il bambino riesce a farlo ed anche bene, al punto da sfidare i medici in tale competizione.
Gli organi interessati dalla MOFS sono:
1 – Sistema nervoso.
2 – Apparato cardio-vascolare.
3 – Apparato respiratorio, con ARDS.
4 – Apparato urinario.
5 – Fegato.
6 – Apparato gastro-intestinale.
7 – Sangue e sistema coagulativo.
8 – Apparato endocrino, surreni.
9 – Cute.
ECCO L’ELENCO NUMERICO E NOMINALE DEGLI ORGANI INSUFFICIENTI CONTEMPOANEAMENTE, RESTIAMO SEMPRE PIU’ PERPLESSI, SORPRESI, OSEREI DIRE, INCREDULI DI QUESTA STRAORDINARIA GUARIGIONE. L’UNICO ESITO PERCHE’ POSSA ULTERIORMENTE STUPIRCI SONO MINUSCOLE CICATRICI.
Dr Pietro Gerardo Violi – medico chirurgo