Parte da Pietrelcina lunedì 6 dicembre 1915 alla volta di Napoli, dove è stato assegnato alla X Compagnia di Sanità, presso l’Ospedale Militare della Trinità, un maestoso monastero seicentesco per religiose, soppresso da Giuseppe Napoleone nel 1806. E’ chiamato alle armi per mobilitazione, dal R. D. del 22 maggio 1915.
Nella città partenopea si era sottoposto più volte a visita di eminenti dottori, per definire il suo stato di salute, giacché nessuno era in grado di formulare una diagnosi precisa. Durante la sua ultima permanenza a Napoli, due mesi prima, non gli era sfuggito il profumo generoso della pasticceria De Nozza, attigua allo studio del medico Giacomo Cicconardi.
Il 17 dicembre viene chiamato per la visita collegiale. I sanitari militari, avendogli trovato una “infiltrazione ai polmoni”, sono d’accordo a concedergli un anno di convalescenza. Il giorno dopo fa ritorno a Pietrelcina.
Dopo due mesi dalla data della chiamata, non aveva potuto indossare la divisa militare. Di questo ringraziava con fervore Dio.
Nel febbraio 1916 Padre Pio è assegnato alla Comunità Cappuccina di Sant’Anna in Foggia. Può rivedere una sua figlia spirituale, Raffaelina Cerase in gravi condizioni di salute. Ma nel capoluogo dauno, il clima estivo, torrido, una vera tortura, non è adatto a un malato polmonare. Nel seguente luglio Piuccio sale un polveroso sbrecciato a San Giovanni Rotondo; prosegue per il colle dei Cappuccini. Il convento, dove era stato inviato, perso nei colori della natura rupestre, si offre come luogo di fervore in totale semplicità. Scopre in questo angolo, il cenacolo d’ogni virtù, ove la Storia degli uomini doveva incontrare la pietà infinita divina. Il romitorio gli piace, prende l’aria dei monti, si adagia nel conforto di una pregevole e fresca serenità, tra suppliche e lodi. Nel silenzio, in segreto, la vittima prescelta, Padre Pio, ha raggiunto il suo calvario. In questa venuta temporanea, una mano sapiente gli offre refrigerio ai sensi e un anticipo, di mirra nell’anima. E’ proprio ignaro che qui, sulla bianca pietra garganica, sotto lo sguardo del suo Sammichele arcangelo, avrebbe sparso l’abbondanza del sangue?
Pochi giorni prima di Natale si ripresenta al Corpo e fattosi visitare gli è riconosciuta la “sua” malattia. Lo tengono in osservazione all’O.M. della Trinità. Passa in solitudine il Natale. Dopo la visita del 30.12.1916, i Sanitari confermano il precedente referto con un peggioramento; in un corpo già disfatto, infiltrazione polmonare ad ambo gli apici e catarro bronchiale cronico diffusissimo; gli concedono mesi sei di convalescenza.
Si ripresenta al Comando il 30 giugno 1917 e la convalescenza gli è prolungata, senza scadenze, ma deve “attendere ordini”. Gli ordini arrivano telegraficamente, il 18 agosto seguente.
Il Comandante, accertata l’assenza di Francesco Forgione dal Corpo della X Compagnia, ingiunge al Maresciallo di Pietrelcina, di cercare il disertore. Ma a Pietrelcina nessuno sa chi fosse Francesco Forgione. Il Maresciallo conosce poi dalla sorella di Padre Pio che questi sta al convento di San Giovanni Rotondo. La storia si ripete anche nel paesino garganico. Francesco Forgione è diventato Padre Pio e gli viene intimato di presentarsi immediatamente al Comando del Corpo in Napoli. Non ci mette molto il Comandante, a scoprire la buona fede del soldato Forgione per la scritta “e dopo” attendere ordini. Per disattenzione, deve essere sfuggita la nota sul ruolino militare, ad uso interno alla Compagnia, del prolungamento della convalescenza, dopo il 30 giugno. Il 26 agosto il Forgione ritorna in osservazione presso la Prima Clinica Medica, una sezione del policlinico della Regia Università. Un reclusorio, per Padre Pio: non si può celebrare Messa perché non v’è una cappella; né si può uscire; scarso il vitto. Il 4 settembre 1917 è il colonnello medico a fare visita “ridotta ad un semplice sguardo, senza altra osservazione”. Forgione è giudicato “idoneo ai servizi interni”.
“Quante ingiustizie si commettono dagli uomini!” dice con amarezza Padre Pio. La sua malattia è stata cancellata da uno sguardo. Destinato alla Fanteria, si rifiuta di partire e, come sacerdote, viene assegnato alla Sanità nella Caserma Sales, X Compagnia, IV Plotone. Dove veste la divisa militare. Capisce di essere in un ambiente senza modi, con parole volgari, comportamenti severi e sbrigativi, nella sfrontatezza massima, al limite della nausea, ostile. Padre Pio, con le scarse forze del corpo, si adatta a quelle asprezze, ogni compito onorando per amor di Patria, cercando in cuor suo da quella afflittiva condizione, il colloquio con Dio. Gli pesa oltremodo, la vita di caserma, se arriva a definire carnefici i superiori militari. Nel più totale riserbo è in un triplice esilio e la salute ancora più malferma. Perciò non è avviato al fronte. Lo stomaco non accetta cibo e vi è qualche episodio di emottisi, con febbre alta. E’ in costante osservazione clinica. Gli viene riconosciuta l’inabilità ai lavori di guerra, e ai primi di novembre, mandato in licenza per quattro mesi, riconsegna il fagotto del vestiario eccetto la divisa.
A Pietrelcina, parenti e amici, lo vogliono vedere vestito da soldato. Li accontenta. E poi chiede: “Contenti? Avete visto il pagliaccio!”. Tornato a San Giovanni Rotondo e riconsegnata la divisa ai Reali Carabinieri, perché fosse riconsegnata al Comando Militare in Napoli, finalmente può dedicarsi con animo più sereno alla vita conventuale, non dimenticando i soldati al fronte. Il Generale Luigi Cadorna, Comandante Supremo dell’Esercito Italiano, era stato, dopo la sconfitta di Caporetto, sostituito dal Generale Armando Diaz. Al colmo dello sconforto, stava per premere il grilletto della rivoltella puntata alla tempia. Padre Pio, essendosi presentato in bilocazione, con gesto amoroso lo dissuade. Qualche tempo dopo il Generale Cadorna andò a San Giovanni Rotondo. Mentre aspettava di salutare il Suo Padre Pio, questi gli dice: “Generale, l’avete scampata bella quella notte! …”.
Debilitato nel corpo e nella mente, ai primi di marzo 1918, torna all’Ospedale Militare della Trinità. Il vomito non gli consente di prendere cibo, la febbre spacca i termometri con punte di 48 gradi. Dopo l’esame microscopico dell’espettorato, gli ufficiali medici dichiarano il Forgione malato di tisi; diagnosi corretta in bronco alveolite doppia. E con freddezza gli dicono, che può andare a morire a casa. Mamma Peppa e papà Grazio sanno della salute precaria di Piuccio, e vorrebbero trattenerlo all’aria natia.
“Devo andare a San Giovanni Rotondo” dice e ripete alla madre a Pietrelcina, col tono della più limpida sottomissione.
Deve recarsi colà, al luogo dei miracoli (Piero Bargellini), per farsi dilatare le membra e ancor più il cuore dal suo Signore.
Sunto da: Gennaro Preziuso, Padre Pio soldato, Ed. Padre Pio da Pietrelcina, 1996.
Tratto da “Frammenti di Gioia – i miei sessant’anni” di Michele Totta – Stampato in proprio – Agosto 2009