E’ il caos morale e sociale. Crollati gli antichi Valori. Cancellati gli antichi modi di pensare, di governare, di fare giustizia. La Verità ha lasciato il posto alla menzogna. Soffocato il senso di libertà, fraternità ed uguaglianza.
Dov’è l’Onore? Dove, l’Orgoglio di sentirsi Uomini? E gli Ideali dei Partiti? Le Idee per le quali si combatteva, in vista di un fine sociale per il quale valeva la pena anche di morire?
Tutto finito?
La voce della coscienza tace. Dio è morto?
Abbiamo perso. Nietzsche ha vinto.
Il pensiero del filosofo maledetto, ispiratore del Nazismo, demonizzatore della Cultura e desacralizzatore del mondo, è esploso nell’animo umano mandandolo in frantumi.
Distrutti i miti ed i valori, gli idoli e le illusioni metafisiche, la profezia di una umanità nuova si è dunque avverata: è nato il Superuomo!
Viva il divorzio! Viva l’aborto! Viva la droga e la pornografia! Viva il malcostume politico e sociale, dilagante ed istituzionalizzato! Viva la bioetica addomesticata, l’eutanasia e la morte assistita! Viva la scienza senza confini! Abbasso la famiglia e la dignità umana!
Ci siamo finalmente liberati dei principi morali e religiosi, dei falsi pudori, della Cultura e della Storia, che ci trascinavamo appresso come una palla al piede.
Ci illudiamo di essere diventati Superuomini, confondendo la libertà con il libertinaggio.
La febbre da Superuomo investe tutti i campi, ma interessa soprattutto l’élite politico-economica che ci governa, ci sfrutta e ci condiziona. Un’élite trasversale che ha esercitato talmente bene la sua volontà di potenza nei confronti del prossimo, da essere riuscita a svuotarci dentro, facendoci barattare, in nome di una libertà fasulla, i valori della nostra cultura plurimillenaria con disvalori di basso profilo, resi appetibili subdolamente con la tecnica del martellamento mediatico incontrollato. E dentro, ormai, non abbiamo più neppure la forza di reagire.
Volevamo essere liberi e siamo diventati schiavi. Noi siamo il veicolo con cui si realizzano le libertà e le fortune dei potenti. Metamorfosi inversa di una farfalla che intesse il suo bozzolo per diventare crisalide. E’ questa l’evoluzione che volevamo dare alla democrazia? La democrazia è stata traghettata verso l’oligarchia di partito, che comprende dentro di sé tutte le oligarchie di questo mondo (industriale, scientifica, militare etc.).
La maggioranza dei cittadini non sembra accorgersi dei pericoli che corre la società del terzo millennio, una società in cui l’avere continua ad essere confuso con l’essere, dove il valore dell’uomo viene ancora commisurato in base alle sue capacità economiche e non in base alle sue qualità intellettuali, professionali ed etiche. Come si può sperare in un cambiamento se non si fa qualcosa per invertire questa tendenza? Quanto tempo ancora potrà resistere questa democrazia?
Il dio Denaro è stato capace di far assumere al nostro cuore la forma del salvadanaio. Per esso abbiamo imparato a tapparci la bocca e a turarci il naso. Non siamo neppure l’ombra di ciò che eravamo.
I giovani stanno pagando il prezzo imposto da una società egoistica ed ingiusta votata al consumismo, costruita o assecondata irresponsabilmente da noi, padri e nonni degeneri.
Il senso di vuoto interiore, che spesso li spinge verso la droga e l’alcool ancora adolescenti, avrà pure una causa scatenante! Ora che l’economia mondiale è entrata in crisi, mettendo a nudo quanto effimera sia la vita basata sul consumismo, lo spirito dei giovani si deprime ancora di più. Un interrogativo li affligge: Quale futuro per noi?
Le mie parole sono troppo pessimistiche, troppo generalizzanti e colpevolizzanti? Forse sì. Difatti vi sono tantissime persone di buona volontà, dai saldi principi morali, giovani e non, che agiscono nel rispetto del prossimo e delle leggi, che conoscono la differenza abissale che passa tra due modi diversi di concepire la vita e che hanno la capacità di reagire. Il guaio è che ognuno pensa di essere esente da colpe.
Perciò, anche se riteniamo di essere delle brave persone, è meglio considerarci TUTTI COLPEVOLI, perché tutti facciamo parte di questa società ingiusta e non ci sforziamo mai abbastanza per riportarla sui binari della correttezza.
E se qualcuno nega che questa società sia ingiusta, molto probabilmente lo fa per continuare a sguazzarci dentro.
Ma perché siamo fatti così? Perché la natura umana ci rende così ciechi e irresponsabili verso noi stessi e verso il prossimo?
La nostra società degenererà fino al punto da spingere i consociati a pensare che “il tuo male è il mio bene”? Una società siffatta sarebbe la negazione della democrazia e della libertà, la selva in cui s’acquatta l’homo lupus pronto a sbranare, la fornace ardente in cui si bruciano i valori del mondo.
Abbiamo bisogno di guardarci dentro e di convincerci che occorre assolutamente cambiare, TUTTI, politici e non.
Moralismo? No. E’ la voce di una coscienza che si ribella e non vuole adeguarsi al sistema, una tra tante che vogliono continuare a sentirsi libere.
Anche la mia città, la cara San Giovanni Rotondo, presenta sintomi di malessere, resi più evidenti dal suo brusco e travolgente miracolo economico, dovuto alla provvidenziale presenza di Padre Pio.
Con Padre Pio il Cielo ha voluto mandare a San Giovanni rotondo un faro spirituale e manna corroborante per ripagare i secolari sacrifici della sua gente. Gente un tempo umile, povera, ma fiera, dedita all’agricoltura e all’allevamento del bestiame, con una tradizione anche operaia, di lavoro duro, nella miniera di bauxite della Montecatini o nelle pietrose terre demaniali usurpate per necessità sopravvivenziali.
Quello sangiovannese, è un popolo che ha conosciuto nella sua storia tanta sofferenza, che ha visto distruggere la propria città dagli Angioini, dagli Svevi, dai francesi, che ha conosciuto morbi colerici, eventi sismici, carestie, eccidi, e persino scomuniche papali.
Per parecchi decenni, a partire dall’arrivo di Padre Pio, la stragrande maggioranza dei sangiovannesi ha avuto un comportamento adeguato, esemplare sotto molti aspetti. In questi ultimi decenni, invece, molti si sono lasciati risucchiare dal vortice della notorietà e del benessere. L’amore per Padre Pio oggi viene prevaricato in qualche misura dall’interesse economico.
I sangiovannesi non devono perdere la loro identità. Il “fenomeno Padre Pio” è e deve restare il volano dell’economia della città, ma occorre fare attenzione a gestirlo con molta discrezione ed attenzione, tenendo presente soprattutto il forte bisogno di spiritualità dei pellegrini, nell’interesse degli stessi imprenditori, i quali, dopo tutto, per dare una risposta alla forte richiesta di accoglienza, hanno scommesso fiduciosamente tutti i loro averi sulla figura del padre, talvolta indebitandosi.
Quando è necessario, bisogna avere il corraggio di tornare indietro, per andare avanti. La città deve fare tesoro dell’esperienza spirituale irripetibile vissuta con padre Pio e riprogettare in parallelo un’offerta turistica che sappia coniugare le necessità di oggi con il passato, senza offuscare minimamente le ragioni che spinsero padre Pio , quale supremo gesto d’amore per i sangiovannesi, ad esprimere il desiderio di essere seppellito, latu sensu, “in un qualunque cantuccio di questa terra”, cioè della terra di San Giovanni Rotondo.
“La distruzione del passato è forse il delitto supremo”, ammonisce la filosofa Simone Weil. Una comunità esiste in quanto esiste un legame che salda i vivi ai morti ed ai discendenti. Rotto questo legame, il gruppo cessa di esistere come comunità e muore anche la sua Cultura.
Molti dei concetti di questo post sono già stati da me sviluppati in un articolo di spalla pubblicato dal periodico locale “il Pirgiano” nel lontano 1991. Perciò qualche sporadico lettore dalla memoria di ferro, rileggendomi, potrebbe esclamare: rieccolo!
Ebbene, sì! Rieccomi, dopo diciotto anni, per ricordare a me stesso e agli altri che il tempo trascorre inesorabile e che l’uomo persiste nell’errore.
C’è stato un ricambio generazionale, sono scomparsi o mutati partiti, governi ed amministrazioni e ci ritroviamo a parlare sempre delle stesse cose, degli stessi problemi, con lo scrigno dei valori che resta chiuso in un angolo, tutto impolverato.
Com’è difficile, in queste condizioni, volare alto oltre le bandiere, oltre i confini degli egoismi!
Ma la speranza è dura a morire. Del resto i Valori, quelli veri, se invocati con forza da tutti, sono come l’Araba Fenice: quando tutto sembra perduto, sanno risorgere dalle loro ceneri, più forti e vigorosi di prima.
Giulio Giovanni Siena