Nasce a San Marco in Lamis (Foggia) l’8 luglio 1949. Frequenta il Liceo Classico, diplomandosi nel 1968. Nella formazione culturale, a ridosso degli anni ’70, corsi di Filosofia e Teologia.
Dal 1978 esercita la professione di Tecnico di Radiologia Medica presso l’Ospedale Umberto I, ma risiede a S. Giovanni Rotondo da moltissimi anni.
Ha scritto articoli e poesie su riviste, periodici e giornali.
Ha pubblicato la raccolta di poesie “Pietre di Fuoco” (Grafica Baal, S. Giovanni Rotondo, luglio 2002) cioè – come lui stesso annota – poesie su temi ardenti e ineludibili quali la felicità, l’Esistenza di Dio e il dolore, la libertà, l’aldilà, capitoli che egli ha imparato a leggere, per entrare nell’essenza delle cose e, nondimeno, conoscere se stesso.
E’ anche autore di “Frammenti di gioia – i miei sessant’anni” (stampato in proprio per gli amici nell’agosto 2009) , un quaderno di ricordi di cose vissute o scritte da un uomo dabbene, buono, sereno, colto, riflessivo e sensibile, che ama profondamente la natura, il prossimo e la terra in cui vive.
Un mondo delicato e dolce, quello del Totta, capace di stupire per le cose più semplici e di indagare nei grandi misteri della vita, veleggiando nel mare dei ricordi.
Si riportano in questo sito, tre dei quaranta frammenti pubblicati:
– Francesco Forgione – Padre pio – va soldato;
– Intervista al Prof. Salvatore Antonio Grifa;
In Frammenti di Gioia Michele Totta scrive di sè:
A vedermi, nelle foto e negli scritti, quanto sono mutato; i lineamenti del viso, i capelli, la statura, la voce sono cambiati con i propositi di vita piena forte, e il dovere di esplorarmi, conoscere la mia storia nonché il mio destino. Giorno dopo giorno, talora in un battito di ciglio o per illuminazione gratuita, dall’incontro con gli alfabeti delle lingue e con la forma di tutte le cose; con la piena degli amici, con il lavoro sanitario, con i viaggi e le pause della riflessione, come il mio edificio mentale è cresciuto! Non sono vanitoso ma concreto: è cresciuto, da quella tavola piana (tabula rasa) a canna pensante. Me ne rallegro, non senza stupore.
“L’incontro con la parola, al liceo e più che mai alla teologia fu pieno e seducente. Pieno perché mi mise con i classici latini e greci, colonne del sapere in occidente. Seducente, perché scoprii l’assedio e il pane della parola, capace di portare ronde nel cuore e nutrimento, come i biblici dettami. La parola, scava il fondo delle possibilità comunicative, le più recondite, fino a saziare.
Così ho scritto agli amici, per conoscerli e farne crescere la stima. Ho martellato da giornali e da riviste, per provocare risposte di senso o magari passione per la penna. Vicino ai quaranta anni, ho preso amore al verso, affetto alla quotidiana lima. Non importa con quale esito.
Sono alla soglia “dell’età d’oro della vita” (O. Fallaci), devo imparare ad assaggiare, la vecchiaia è un altro rinnovamento, un’altra dimensione.
Intanto, mi aspetto le persone, che devono venire ancora. Mi dedico ai libri, alle riletture, all’inchiostro lento. E poi alla terra. Stare a guardia l’estate l’autunno, con la cornetta o il tamburo sopra gli storni, che mangiano nel gerbido e all’oliveto. Vivo il frattempo, il momento, con aspettazione tagliente e meraviglia.”
Ma è con “Il Viaggio e la Parola” – Lu Viaje e la Parola: scene garganeche“ (Grafiche Caputo – San Marco in Lamis, 2011), che il Totta ci fa conoscere la sua fine vena poetica con la quale ci accompagna a perlustrare quanto di più caro nelle viscere della sua storia, attivando persone affetti, il godimento di natura e cose, stagioni o attimi, costumanze, attese che conservano un soffio vitale. E lo fa in vernacolo sangiovannese, non disdegnando di far confluire nella raccolta di poesie brani da altri dialetti garganici, per esigenze di affetto e per mettere in risalto le diversità e la fresca vena di consonanti, di ritmo, la spigliatezza delle vocali, la rugosità degli accenti; anche l’incertezza della sintassi delle nostre contrade. Un territorio, che avendo condiviso la stessa umana vicenda, conserva profondi e netti, i caratteri di gerghi ancora vivaci.
L’autore è consapevole che per lui “scrivere è o diventa un illimitato senso di fuga , con la parola, per la parola. Fuga in cui la mente (il platonico Auriga) non si isola, ma cerca la zolla ostile. Preserva se stessa dal vuoto che incombe; dalle parole vane; dal fermo dei sentimenti; da arse identità. Decadenza, beveraggi a vocaboli stranieri, italica saccenza, sproloqui, che in bocca a certi «maestri di finta comunicazione» passano per anima della nostra contemporaneità”.
Quello del Totta è dunque un pressante invito a preservare lingua dialettale e lingua italiana dagli attacchi dello sfrenato modernismo.
Altro suo lavoro è “Profilo Biografico di Salvatore Fini” (Caputo Grafiche Borgo Celano, marzo 2015), uscito in concomitanza del primo anniversario di morte dell’illustre sangiovannese, scomparso a Verona il 3 marzo 2014.
Subito dopo, ha dato alle stampe, in pochissime copie, il saggio “La Pittura Sindonica di Italo Turri“ (Caputo Grafiche, Borgo Celano – San Marco in Lamis (FG), luglio 2015), dedicato al pittore anagnino, “talento purissimo, però incompreso: operativo e non contaminato negli orrori del XX secolo”.
Nello stesso anno ha pubblicato anche “Egidio Ambrosetti – L’anelito al Bene nel bronzo” (Caputo Grafiche, Borgo Celano – San Marco in Lamis, dicembre 2015), un’intervista al celebre scultore di Anagni che vanta opere diffuse in tutti i continenti, tra cui una quarantina di statue di padre Pio.
Nel 2016 è autore di una recensione di “Versi sottovento“, ultima opera dello scrittore sangiovannese Giovanni Scarale.
Un’altra recensione riguarda la Daniela Nardelli, pittrice di Atina (FR) (Sonorità di legno e colori in Daniela Nardelli).
Infine, è autore di un breve e originale studio intitolato “Forme e psiche: l’ulivo di Giovanni Tamburrano“ in occasione di una mostra tenuta dall’artista sangiovannese nel mese di ottobre 2016.