Natale Penati è un pittore lombardo apprezzato e stimato nei luoghi ove ha operato, in particolar modo nelle cittadine del Gargano, compresa San Giovanni Rotondo, dove ha lasciato numerose attestazioni delle sue notevoli qualità artistiche. Pur essendo nato a Milano, viene inserito ben volentieri nello spazio dedicato ai personaggi di San Giovanni Rotondo, volendo attestargli una sorta di cittadinanza onoraria virtuale, alla memoria, per aver abbellito con i suoi affreschi le nostre chiese più importanti. Ringrazio il Dr. Roberto Penati, nipote del pittore, per aver messo a disposizione di questo sito il seguente curriculum vitae.
Penati nasce a Milano il 15 maggio 1884, in via Abbadesse al nr. 25 nel tipico rione milanese dell’ “Isola Garibaldi”, dove il dialetto meneghino affiorava in ogni conversazione ed il carattere generoso di ogni abitante plasmava gli animi delle persone.
Terzo dei cinque figli di Penati Angelo e Consonni Maria, sin dalle prime classi scolastiche dimostra una spiccata attitudine per il disegno e la pittura, tanto che persino i muri di casa diventavano tavolozze e tele su cui disegnare.
Per chiara vocazione emergente, viene avviato al corso preparatorio di pittura all’Accademia di Belle Arti di Brera dove entra all’età di 13 anni, in anticipo rispetto ai piani di studio.
Allievo del pittore bergamasco Luigi Cavenaghi e del Lorenzelli, segue la scuola dell’Arte Sacra e termina gli studi all’età di 17 anni, conseguendo risultati più che lusinghieri con attestati d’onore e medaglie di merito. Non ancora ventenne esegue già il suo primo lavoro, collaborando con il prof. Rusconi nella decorazione e affresco di una delle sale del Castello Sforzesco.
All’età di 28 anni sposa Anita Pozzi e si trasferisce in via De Castillia, al nr. 2 in una caratteristica casa di ringhiera, situata in uno stabile ubicato sempre nel popoloso rione dell’Isola, dove troverà posto anche il suo studio di pittura. Dalla moglie avrà due figli: Angelo, nato nel 1915 (deceduto nel 2001) e Mariuccia, nata nel 1923 tuttora vivente.
Siamo nel 1912 e da allora il grande desiderio di dipingere diventa espressione artistica di grande rilievo, tanto da iniziare una proficua collaborazione con lo “Studio d’arte Clemente” che aveva in Milano due negozi (in Piazzetta Pattari ed in via Dante) e per il quale dipingeva quadri ad olio con soggetti bucolici, settecenteschi e paesaggistici. Vengono così raffigurati panorami e scorci del paese di Musadino (in Valtravaglia vicino a Luino) dove trascorreva le vacanze estive, non tralasciando gli aspetti tipici della Milano dei Navigli.
Aveva inoltre rapporti d’affari con alcuni imprenditori milanesi, per i quali prestava la propria opera decorando le case patrizie di Milano e dintorni e le facciate di alcuni edifici in Milano. Nel 1931 collabora con l’Arch. Mezzanotte alla decorazione di alcune sale e della facciata della nuova sede del Palazzo della Borsa Valori, realizzata su progetto dello stesso architetto. I lavori gli furono assegnati per il tramite della ditta Intelvi Innocente, costruttore edile milanese con il quale da anni aveva instaurato una proficua collaborazione, e che avrebbe giocato un ruolo importante nel futuro dell’artista.
In quegli anni, infatti, l’imprenditore si recò in Puglia e venne a conoscenza di un concorso per il restauro della Chiesa di S. Maria delle Grazie in San Marco in Lamis, nell’entroterra del Gargano, poco distante da San Giovanni Rotondo.
Per la stima profonda che nutriva verso il pittore, lo informò dell’importante notizia ed in quel momento il Penati comprese che era giunto il momento tanto atteso: quello di affrontare il tema da lui preferito dell’Arte Sacra.
Partecipa con grande entusiasmo alla selezione ed invia il suo bozzetto.
Vince il concorso, superando cinquanta pittori che avevano partecipato alla gara e riscuotendo l’unanime consenso dei componenti la commissione giudicante.
La Chiesa venne restaurata nel 1933 e l’opera più significativa può essere ammirata ancora oggi: è una tela tonda che occupa la parte centrale del soffitto sopra l’altare e rappresenta San Domenico in adorazione della Madonna del Rosario. E’ davvero un capolavoro che il pittore realizzò in pochi mesi nel suo studio in Milano, infondendo tutta la sua capacità e tutto il suo ardore artistico e religioso e che il prof. Luciano Prada, noto critico di Corbetta, purtroppo scomparso, così descrive:
“Il quadro è molto bello. Il Santo è in ginocchio, al culmine di una scalinata tenuta su toni bassi di colore; un angelo incorona la Madonna, altri portano fiori, altri occhieggiano semplicemente. L’aria è diradata, trasparente; la luce è profumata, estenuata, quasi tiepolesca. C’è un particolare insolito e sorprendente e gentile: un cane assiste alla scena, un po’ stupito, e tiene tra le mandibole un cero acceso. Un bel tocco di ironia di pietas inventiva” (dal catalogo “Mostra retrospettiva del pittore Natale Penati – Bareggio 1988”).
La fama che acquisì fu tale da raggiungere anche altri paesi del Gargano e nel 1935 fu ospite del convento di San Giovanni Rotondo dove nell’agosto di quell’anno, in occasione dell’anniversario del 25° di ordinazione sacerdotale di Padre Pio, realizzò gli affreschi nella Chiesetta del Convento dei Cappuccini.
Dalla cronistoria del convento si viene a conoscenza che il 12 luglio 1935 il pittore arriva da Milano ed inizia subito i lavori che terminano l’8 agosto. Il cronista dà anche un suo giudizio artistico sull’opera affermando che “Natale Penati ha fatto opera degna di lode sotto ogni aspetto. La sua pittura è bella, delicata, espressiva. Il colore di fondo è cenere paglierino. La pala d’altare maggiore è decorata uso drappi regali” (da “Dietro le sue orme” di Alessandro da Ripabottoni, pag. 180).
Il pittore conobbe personalmente Padre Pio con il quale, anche dopo il suo ritorno a Milano, continuò il rapporto di amicizia che aveva iniziato in San Giovanni Rotondo, come attestano alcune lettere indirizzate a Milano dal convento dei Cappuccini.
Ebbe anche l’onore di realizzare il ritratto del Santo, dipingendo un quadro ad olio che gli venne commissionato nel 1936 dalla famiglia Serritelli di S. Giovanni Rotondo e che il prof. Luciano Prada, così descrive:
“Dirò dunque che qui lo sguardo si inchioda su un capolavoro. Il frate si erge, a grandezza naturale, lungo un sentiero solcato di ombre, delimitato da cipressi che fanno da sfondo alla figura. L’uomo, un po’ grave, un po’ ieratico, dritto, pensieroso, composto nel saio, cammina sostando. Un quadro d’autore, imprescindibile” (dal catalogo “Mostra retrospettiva del pittore Natale Penati – Bareggio 1988”).
Fu certamente un periodo molto felice, il cui ricordo il pittore volle mantenere vivo raffigurando su di un quadro ad olio la Chiesetta con il Convento dei Cappuccini, che porterà nella sua abitazione a Milano a perenne memoria.
Il Penati iniziò così la sua permanenza in terra garganica, in cui raccolse grande stima ed apprezzamenti: era considerato un “maestro” e spesso era ospite delle famiglie del luogo che volevano in tal modo dimostrare la propria riconoscenza ed ammirazione. Fu ospite anche dei prelati di vari paesi della zona, e dal 1934 al 1938 realizzò numerosi affreschi in diverse chiese di San Giovanni Rotondo oltre che a Serracapriola e nella piccola chiesa Stella Maris in Manfredonia.
E’ questo il momento di più intenso impegno per il pittore, che alternava la sua presenza nel Gargano a periodi in cui ritornava nel Nord Italia, per svolgere anche altri lavori che gli venivano commissionati a Milano e nella Provincia. Ricordiamo dunque:
- nel 1937, un quadro ad olio raffigurante “S. Giovanni Bosco” nella Chiesa del Sacro Volto in Via Sebenico a Milano, che oltre a soddisfare un ex-voto, rappresenta il volto del figlio Angelo in uno dei ragazzi che sono intenti ad ascoltare don Bosco, lasciando così il suo personale ricordo nel quartiere dove nacque e visse la propria vita.
- nel 1939, il soffitto della navata centrale della Chiesa di San Giuseppe Oratorio in Via Redi a Milano, dove è affrescato un dipinto raffigurante “Gesù tra i fanciulli”, molto espressivo e con significativa delicatezza cromatica, che fu restaurato nel 1987 .
- sempre nel 1939, riceve l’incarico dalle sorelle Rosa e Angelina Ferrario di affrescare il soffitto dello scalone della settecentesca villa Gattinoni-Ferrario in Vanzago (comune in provincia di Milano) attualmente di proprietà della Fondazione Ferrario, che ha assunto l’eredità del lascito testamentario della signora Rosa. Le due sorelle, note mecenate dell’epoca, avevano conosciuto il pittore a San Giovanni Rotondo durante le loro frequenti visite a Padre Pio e, apprezzandone il talento, lo scelsero per la decorazione della loro villa.
Negli anni 1940-1941 ritorna nel Gargano, dove nel pieno della maturità artistica, realizzerà il suo capolavoro: affrescare le volte e le pareti della Cattedrale di Manfredonia insieme alle stanze del Palazzo Vescovile.
L’ambìto incarico gli viene affidato dall’arcivescovo della città mons. Andrea Cesarano, che aveva potuto apprezzare le qualità umane ed artistiche del pittore durante le sue visite pastorali nei comuni appartenenti all’Archidiocesi.
La Cattedrale rimane chiusa al culto per due anni e viene inaugurata nel suo rinnovato splendore il 30 dicembre 1941. I giornali dell’epoca così si esprimono sull’opera realizzata:
“Opere queste di grande mole, consistenti in natura muraria ed in vasti affreschi: questi ultimi occupano oltre tremila metri quadrati di pareti e di volta ed hanno una potenza suggestiva per la gamma coloristica in essi trasfusa dal pittore Natale Penati di Milano. La grandiosità degli scenari, il movimento dinamico delle figure, la sacra espressione dei volti, la gamma dei colori, fanno di queste pitture delle autentiche opere d’arte. L’opera del pittore Natale Penati da Milano è notevole dal punto di vista tecnico ed artistico. Egli ha profuso negli affreschi, negli stucchi negli ori e nella disposizione dei marmi tutta la sua squisita sensibilità e tutta la sua incomparabile perizia. Dallo sfondo dell’abside, all’ingresso, dalle varie cappelle al fonte battesimale, è tutta una felice armonia di tinte, un succedersi di quadri in cui sono ritratte scene movimentate e azioni di masse ed espressione di santi o puri volti di angioli” (da “Il Popolo di Roma” del 31 dicembre 1941).
Gli affreschi testimoniano il genio e la versatilità del pittore e ancora oggi riescono così tanto ad impressionare l’attenzione del visitatore, da indurre il prof. Luciano Prada ad esprimere questo giudizio critico sull’opera:
“Entrato in Duomo, e catturato in quella fantasmagoria di figure e simboli, mi colpirono due cose: quella sensazione di luce decolorata, cadente, suprema, ma tattile, forgiata, quasi un’illusione di solarità diffusa e sommessa; e quella firma “Natale Penati da Milano”, che mi commuoveva e mi rimandava a casa. La luce, dunque. L’idea della luce. L’esercizio discreto della luce, la pratica, il bisogno, la fatica della luce: una luce calma, della quale conosciamo il lungo itinerario da Piero della Francesca a Morandi. A ciò pensavo, avvolto dall’apoteosi pittorica di Manfredonia” (dal catalogo “Mostra retrospettiva del pittore Natale Penati – Bareggio 1988”).
Ed ora, per un quadro più completo, riportiamo l’elenco delle chiese nelle quali è ancora possibile ammirare le sue opere, anche se per l’usura del tempo o per interventi di restauro poco curati alcuni dipinti sono stati deteriorati ed in alcuni casi anche cancellati:
Anno 1933 — Chiesa di S. Maria delle Grazie in San Marco in Lamis
Anno 1934 — Chiesa di S. Giacomo in San Giovanni Rotondo
Anno 1935 — Chiesa Stella Maris in Manfredonia
Anno 1935 — Chiesetta Convento dei Cappuccini in San Giovanni Rotondo
Anno 1935 — Chiesa Santa Maria Maddalena in San Giovanni Rotondo (ora diruta)
Anno 1936 — Chiesa di S. Leonardo in San Giovanni Rotondo
Anno 1936 — Quadro ad olio su tela raffigurante “Padre Pio da Pietrelcina”
(di proprietà della Famiglia Serritelli)
Anno 1937 — Chiesa di S. Maria in Silvis in Serracapriola
Anno 1937 — Chiesa di San Nicola in San Giovanni Rotondo (la volta è crollata nel 1982)
Anno 1938 — Chiesa di Sant’Orsola in San Giovanni Rotondo
Anno 1938 — Chiesa di S. Donato in S. Giovanni Rotondo
Anno 1938 — Quadri ad olio su tela e su legno nel Convento dei Cappuccini in Serracapriola
Anno 1940 -1941 — Cattedrale di Manfredonia e Palazzo Vescovile
Anno 1941 — Chiesa di Maria SS. Assunta in Rignano Garganico
Anno 1941 — Chiesa dei SS. Martino e Lucia in Apricena
Sempre dello stesso periodo, nel 1940, realizza per don Francesco Ciuffreda (allora seminarista) un quadro raffigurante San Michele incoronato da Papa Pio IX, ora custodito a Monte Sant’Angelo e dove nella chiesa di San Francesco d’Assisi è stato riprodotto su di una vetrata artistica.
Ovunque andava il pittore riusciva a farsi apprezzare dagli abitanti del luogo ma soprattutto dai suoi collaboratori.
E tra di essi ricordiamo il Sig. Russitti Felice di San Marco in Lamis, decoratore che collaborò con il pittore nella realizzazione degli affreschi nella Chiesa di Santa Maria delle Grazie, il suo primo importante lavoro.
A Manfredonia, Renzulli Michele (ora deceduto), che aiutava il pittore nella preparazione e decorazione delle pareti ed il cui volto è rappresentato in uno degli angeli dipinti in Cattedrale. A Rignano Garganico è ancora vivo il ricordo del pittore nella mente e nel cuore di Michele Caruso, pittore-decoratore ed all’epoca appena sedicenne, chiamato dal “maestro” famigliarmente “Michelino”, che ha curato la decorazione della chiesa, mentre il pittore completava le figure. A San Giovanni Rotondo sono ancora presenti nella memoria di Ferdinando Tedesco, pittore-decoratore, i giorni trascorsi con il pittore per affrescare le locali chiese di San Giacomo e del Convento dei Cappuccini e quella di S. Maria in Silvis in Serracapriola.
Anche il dr. Michele Magno, già sindaco di Manfredonia e poi senatore della Repubblica, in una lettera inviatami nel 1987, manifestava il suo apprezzamento “consapevole del valore dell’Artista e degli alti meriti da Lui acquisiti verso questa città con gli affreschi qui eseguiti” e ricordando come “quando Natale Penati dipinse gli interni della Chiesa di Santa Maria della Stella, io, meno che adolescente, trascorsi ore ed ore all’interno del tempio, attratto dalla sua grande capacità di artista”.
Ma certamente il pittore non poteva dimenticare i luoghi della sua giovinezza ed al ritorno dalla lunga parentesi nel Gargano, si dedicò con altrettanta dedizione alla decorazione di chiese nei dintorni di Milano, sempre ricorrendo alla tecnica dell’affresco.
Riassumiamo di seguito le opere realizzate nel periodo:
Anno 1944 e 1947 — Chiesa dei SS. Fermo e Rustico in Cusago
Anno 1944 — Chiesa di S. Lorenzo di Parabiago
Anno 1944 -1945 — Chiesa Parrocchiale SS. Pietro e Paolo in Pregnana Milanese
Anno 1945 — Chiesa di S. Giuseppe Artigiano in Bariana frazione di Garbagnate Milanese
Anno 1946 — Chiesa di Cristo Re in Mantegazza frazione di Vanzago
Anno 1947 — Chiesa della Madonna della Neve in Bareggio
Anno 1947-1948 — Chiesa di Santa Maria Assunta in Bestazzo frazione di Cisliano
Anno 1948 — Chiesa di San Sebastiano in Corbetta
L’artista riuscì quindi a lavorare nella sua amata terra di Lombardia, anche per merito della fama acquisita in Puglia e per i buoni auspici interposti dalle sorelle Gattinoni che presentarono il pittore ai diversi Parroci della zona.
Fra le opere sopra elencate merita una particolare attenzione la Parrocchiale dedicata ai SS. Pietro e Paolo in Pregnana Milanese, sua ultima realizzazione di rilievo e che lo vide impegnato nel periodo bellico, ospite del Parroco don Fumagalli, per dipingere l’abside, le volte e le pareti della Chiesa, e che può considerarsi senz’altro all’altezza dell’altro suo indiscusso capolavoro, la cattedrale di Manfredonia.
Uomo umile e semplice, dalla personalità riservata, aveva un carattere sereno e tranquillo, e la figlia Mariuccia così lo descrive:
“Non era alto ma la sua figura era ben proporzionata, aveva occhi azzurri e limpidi, a volte furbi e quando sorrideva con quella sua aria un po’ sorniona mi consolava. Era sempre in pace con sé stesso, non si lamentava mai, prendeva ciò che la vita gli dava con serenità e infondeva calma e ottimismo in quanti lo circondavano. Aveva lineamenti fini, una chioma ancora folta a quel tempo, ma già bianca, che spiccava in contrasto con la sua carnagione fresca ed un senso dell’humor spiccatissimo. Quando dipingeva i quadri, la sua caratteristica peculiare era quella di utilizzare un legno spesso quanto un dito e lungo circa ottanta centimetri che posava sulla tela, tenendolo con la sinistra, e sul quale appoggiava lievemente il palmo della mano destra per poter dipingere con tratto fermo. Sai – mi disse un giorno – ogni qualvolta inizio un affresco faccio il segno della santa croce; sento che solo così riesco ad esprimere senza difficoltà il mio animo nei dipinti. capii quanto la sua arte fosse legata ai suoi puri sentimenti.”
Artista con una forte capacità creativa, aveva un tratto sicuro, senza ripensamenti, e sapeva usare con maestria i colori mai troppo marcati, tutte qualità che rendevano i suoi dipinti carichi di grande espressività e capaci di trasmettere profonde emozioni.
Ed ora vorrei descrivere la tecnica utilizzata dal pittore sia nella preparazione dei colori che nella realizzazione dei dipinti, come mi è stato testimoniato dal suo collaboratore tuttora vivente Michele Caruso di Rignano Garganico:
“Poiché all’epoca la materia prima scarseggiava, soprattutto nei luoghi lontani dai centri urbani, veniva spesso raccolta la terra dei campi che, opportunamente setacciata, si utilizzava per miscelarla con i colori di base. Come elementi neutri venivano usati il nerofumo, già preparato in scatole, ed il biancone che veniva fornito a pezzi ed utilizzato dopo averlo sciolto in acqua. Al colore che si otteneva, veniva poi aggiunto della chiara d’uovo o della resina per renderlo più facilmente applicabile alla parete così da mantenere inalterata nel tempo la propria vivacità e brillantezza. Terminata la preparazione del colore il pittore provvedeva a comporre la ”madre tinta”, così chiamata perché dava l’impronta all’intero dipinto; veniva poi applicata su tutta la parete e successivamente miscelata con gli altri colori per riprendere in tal modo la stessa tonalità in una sorta di motivo ricorrente che avrebbe pervaso tutto il dipinto.
Il disegno che doveva essere riportato sulla parete veniva prima realizzato su di un grande cartone, particolare per particolare. Successivamente si faceva passare lungo il tracciato un colore scuro miscelato con aceto, e quando questo strato si era asciugato, si punzecchiava, con un grande ago, sulla carta in prossimità del tracciato. Si prendeva poi un fine panno di cotone (30 cm x 30 cm) e, formando un sacchetto, lo si riempiva di nerofumo o di terra ombra scura. Si stendeva, così, il foglio sulla parete da affrescare e si tamponava la terra ombra sul foglio forato, in modo che, attraverso i fori, sulla parete vi restava l’impronta del disegno, da cui partire per la colorazione e le sfumature. L’artista terminava poi la composizione con grande abilità, sia seguendo il proprio estro sia i suggerimenti avuti dai direttori dei lavori.
Spesso si alzava di notte e, ispirato dalla sua fantasia, disegnava il bozzetto del soggetto che poi il mattino successivo metteva in opera. La rappresentazione dei personaggi si ispirava alla narrazione dei sacerdoti del luogo ed alla lettura di libri e riviste specializzate mentre i particolari, gli sfondi, i paesaggi ed i grandi scenari mistici venivano realizzati di getto. Nell’esecuzione dei dipinti il pittore amava lavorare nel più assoluto silenzio, per trovare la giusta espressione nelle figure e l’equilibrio cromatico dei colori. Era molto rapido, impegnandosi dal mattino presto sino a tarda sera, contento solamente quando a lavoro ultimato poteva gustare l’opera completa. Maestro di vita oltre che grande artista, per me è stato come un padre”.
Nell’osservare i suoi dipinti si può cogliere con immediatezza la semplicità del linguaggio usato dal pittore. Ovunque affiora il suo profondo spirito di credente che sin dai gesti più semplici lo accompagnava in ogni giornata, con quella capacità di parlare attraverso immagini che sanno creare un’atmosfera di pace e serenità interiori. Caratteristica questa che è presente in ogni opera sacra da lui realizzata e che ho avuto la gioia di poter ammirare ripercorrendo i suoi itinerari pittorici.
Inesauribile nella sua vena pittorica, Natale Penati lasciò anche numerosi quadri ad olio, acquerelli e dipinti a china, ai propri figli e parenti, raffiguranti paesaggi rustici, scorci dei Navigli milanesi, Madonne con angeli ed anche i ritratti della moglie e dei figli.
Dopo lunga malattia, si spense il 28 febbraio 1955, nella propria abitazione a Milano, lasciando un patrimonio artistico che ora tocca ai posteri conservare e valorizzare a sua perenne memoria.
Postumi sono stati i riconoscimenti ricevuti dalle Pubbliche Autorità.
La città di Manfredonia nel 1985 ha intitolato al pittore un piazzale, la città di Pregnana Milanese nel 1997 ha intitolato una strada al suo nome, mentre il Comune di S. Giovanni Rotondo ha già approvato l’intitolazione di una via della città al nome di Natale Penati.
Dr. Roberto Penati (Nipote del pittore Natale Penati)