San Giovanni Rotondo: la città di San Pio da Pietrelcina. Una città emblematica, che ha avuto potenzialità enormi.
Eppure in passato non ha mai offerto ai turisti servizi veramente soddisfacenti. Anzi, la crescita veloce e disordinata della città ha attirato da sempre la loro attenzione e pesanti critiche, per molti versi giuste, sono state mosse alle autorità amministrative locali per aver sottovalutato nei passati decenni la grandezza spirituale del frate stigmatizzato che avrebbe attirato sul Gargano fino a sette milioni di pellegrini all’anno, bisognosi di ripercorrere i passi dell’emulo di Cristo.
Ma la critica, per essere costruttiva, deve muoversi entro i limiti della correttezza.
Oggi i mass media parlano troppo frettolosamente di business e di sfruttamento del nome di Padre Pio nella città, senza alcun approfondimento del reale rapporto intercorrente tra San Pio da Pietrelcina e San Giovanni Rotondo, un binomio inscindibile destinato a sfidare i secoli.
Vi sono effettivamente delle attività economiche che andrebbero esercitate con più discrezione e spesso, negli ultimi tempi, si abusa del nome di Padre Pio e della sua immagine, presenti come marchio sui prodotti più svariati. Ma ciò accade anche in altre città d’Italia senza che nessuno ne parli.
Quali colpe, poi, hanno i sangiovannesi se delle persone, poco avvezze a provare emozioni per fatti religiosi, s’infiltrarono tra i frequentatori dei luoghi di Padre Pio al solo scopo di trarne profitto?
Il mercimonio è un fenomeno che ha sempre accomunato tutti i grandi santuari e i luoghi dove fruttifica l’albero della Divina Provvidenza: chi vi giunge attratto dalla fede, vi scorge i frutti celesti e di essi si serve per alimentare il suo spirito; chi, al contrario, è di vista corta vede soltanto i frutti terreni e se ne serve per appagare i bisogni materiali. Ma quanta distanza corre tra gli uni e gli altri! Tuttavia non mi sento di condannare chi cerca di sbarcare il lunario, se lo fa onestamente.
San Giovanni Rotondo non può essere additata come una città che è vissuta e vive alle spalle di Padre Pio! Ciò è un insulto alla storia ed è frutto di giudizi sbrigativi.
Si tace clamorosamente, invece, sul bellissimo rapporto intercorso tra il Santo e i sangiovannesi, sviluppatosi in tempi non sospetti, quando il flusso dei pellegrini attratti dalla sua fama era minimo e qualche beneficio economico riguardava solo la sparuta categoria dei bottegai e il proprietario dell’unico albergo allora esistente. Parlo, degli epici anni venti-trenta-quaranta del secolo scorso. Nei primi due decenni la popolazione insorse tutta, senza alcuna distinzione di ceto sociale e colore politico, ripetutamente, col pericolo di scontrarsi con le forze dell’ordine (cosa accaduta qualche anno prima, per cause politiche, con una quindicina di morti e una sessantina di feriti), per opporsi al trasferimento di Padre Pio – considerato già santo – visto come una punizione inflitta ad un fraticello colpevole soltanto di voler soffrire abbracciato alla Croce di Cristo. Sull’argomento leggasi il mio libro Padre Pio e San Giovanni Rotondo nei disegni della Provvidenza, edito dalla Bastogi di Foggia, in cui c’è n’è a sufficienza da poter ispirare un film di sicuro successo su aspetti trascurati o poco conosciuti della vita di San Pio da Pietrelcina nella mia città.
Paradossalmente sarebbe stato più appropriato accusare i sangiovannesi di aver sprecato le opportunità di ordine economico che si erano presentate fin dall’inizio, per per un eccesso di zelo e per rispetto verso la figura del Padre. Esiste nei registri del Comune di San Giovanni Rotondo persino una delibera consiliare con la quale una domanda di apertura di un Albergo fu respinta “onde non si potesse dire che si voleva industrializzare e sfruttare la presenza di Padre Pio”. Pur essendo apprezzabile da una parte, nel tempo questa politica si rivelò fortemente miope, poiché non andò incontro alle necessità dei pellegrini.
Come giustificare altrimenti le vistose carenze di posti letto riscontrate fino all’anno 2000? Si è già dimenticato che i pellegrini ed i parenti degli infermi ricoverati nella Casa Sollievo della Sofferenza erano costretti a pernottare nei paesi vicini e, nei periodi di maggior afflusso, anche in paesi molto lontani?
Ed ora che si è rimediato a questo formidabile errore, c’è chi grida allo scandalo, anziché plaudire alle nuove, coraggiose iniziative imprenditoriali. L’accoglienza fisica dei pellegrini, che deve affiancarsi all’accoglienza spirituale, non può scaturire certamente dall’immobilismo imprenditoriale!
Se qualche anno fa un insolito fermento del settore alberghiero ha visto San Giovanni Rotondo trasformarsi in un cantiere a cielo aperto, ciò va inquadrato tra i segni della grandezza di Padre Pio.
Con l’avvento del Giubileo del 2000, infatti, imprenditori vecchi e nuovi – forse troppi – incoraggiati da alcuni provvedimenti della scorsa amministrazione comunale, hanno messo da parte ogni remora ed hanno dato fondo ad investimenti miliardari con pochi precedenti in Italia, per erigere moltissimi capienti alberghi. Molti pensano ancora che si tratti di opere realizzate con fondi giubilari. Invece si tratta di miliardi di vecchie lire investiti di tasca propria dal privato: i risparmi di una vita o di più generazioni! Numerosi sono gli imprenditori sangiovannesi.
Forse è stata sgradevole, allora, per i pellegrini e per i cittadini, la visione del territorio urbano costellato di gru, di scavi e di strade sventrate, con tutti i disagi conseguenti; ma ora che un centinaio di nuovi esercizi ricettivi, tra alberghi e hotel, mostrano le loro forme eleganti e civettuole, ci si rende conto che ciò rispondeva tanto alla logica economica quanto all’interesse dei pellegrini, che ora trovano una degna sistemazione a prezzi concorrenziali. Si potrebbe obiettare che forse sarebbe stato più opportuno costruire alberghi più modesti, trattandosi di turismo religioso, o che il numero degli alberghi sia eccessivo. E’ solo un’opinione, ma è condivisibile.
Altra cosa è dare addosso agli albergatori! Chi li accusa di voler sfruttare la figura di Padre Pio, pensa ai loro ipotetici guadagni e non ai rischi miliardari cui sono andati incontro.
La concorrenza è spietata. Non è facile improvvisarsi albergatore. Qualcuno ha già chiuso i battenti, sommerso dai debiti e c’è il rischio di un crollo dei prezzi. È questa, purtroppo, la dura legge di mercato.
Ma non è tutto. E se la previsione del flusso di presenze legato al circuito turistico-religioso, attestatosi, con qualche flessione, su cifre stimate tra i cinque e i sette milioni di visitatori all’anno, dovesse rivelarsi sovrastimato nel tempo? In questa malaugurata ipotesi, che ne sarebbe del tanto decantato ed inesistente business?
E’ una domanda che certamente non si pone chi in un passato abbastanza recente ha utilizzato i mass media per colpire la città di San Giovanni Rotondo.
E’ difficile capire quale sia stato il disegno della campagna diffamatoria alla quale abbiamo assistito negli anni scorsi, pronta a riesplodere al minimo segnale. Basta un nonnulla, anche una semplice marachella, che ci mettono tutti alla gogna. I messaggi televisivi in primo piano sui canali nazionali e i titoloni dei giornali ci fanno piovere dal cielo “tegole in testa”, solo perché siamo sangiovannesi.
E sono tegole che fanno molto male. Centinaia di famiglie travolte dal calo delle presenze che si riscontra ogni volta che si parla male della città, potrebbero finire sul lastrico, con buona pace dei mestatori di turno.
Altrove si commettono gravi reati e le notizie al massimo meritano un trafiletto di cronaca, mentre indiziati ed imputati vengono lasciati a piede libero. Evidentemente qui – sarà per l’atmosfera che si respira – le cose acquistano, agli occhi di tutti, un peso diverso. Ognuno ripensi a ciò che succede nella propria città e faccia i dovuti paragoni. E mi fermo qui, per rispetto della stragrande maggioranza dei giornalisti che sanno fare bene il loro mestiere e il loro dovere fino in fondo, senza istigare al linciaggio morale e senza alimentare il chiacchiericcio delle donnette di strada…
Tutti si aspettano da noi sangiovannesi grandi cose, perché viviamo dove ha vissuto Padre Pio. Invece siamo anche noi delle persone fallibili, coi nostri limiti e i nostri difetti. Perché dunque si immischia il nome di Padre Pio, ormai santo, con le nostre faccende terrene? Avvertiamo, sì, la grande responsabilità di essere gli eredi più diretti del ricco bagaglio spirituale di un grande Santo; ma avvertiamo anche il disagio di avere i riflettori sempre puntati su di noi: nulla sfugge all’occhio di chi, spinto dalla cattiva coscienza, vuole vedere gli altri cadere in fallo, senza badare ai propri errori.
Non so se noi sangiovannesi siamo migliori degli altri. Certamente non siamo dei santi. Però le nostre chiese sono sempre piene, c’è timor di Dio e fiducia in San Pio da Pietrelcina, che non ha mai smesso di aiutarci. E ciò depone favorevolmente per il nostro futuro.
Anche il dio denaro, come dappertutto, ha qui i suoi proseliti. Ma non per questo dobbiamo essere criminalizzati.
Anzi, il fatto che molti imprenditori sangiovannesi abbiano scommesso consapevolmente tutto sulla figura di Padre Pio, talvolta indebitandosi, deve far riflettere. Volendo essere obiettivi, si deve riconoscere che a San Giovanni Rotondo la logica economica si è sposata con quella religiosa, dal momento che le aspettative degli investitori si basano sulla risposta che la Divina Provvidenza vorrà dare a questa loro ulteriore dimostrazione di fiducia per il Padre.
Forse si pretende troppo dalla preghiera di un povero frate, anche se è diventato Santo; ma finora nessuno è rimasto deluso e pure questa volta l’aiuto celeste giungerà puntuale all’appuntamento: almeno, questa è la speranza di tutti!
Ma, a prescindere dalla fortuna che potranno avere le nuove attività imprenditoriali, Padre Pio ha già riversato sulla città garganica benessere spirituale e materiale in misura superiore a qualunque aspettativa.
Ciò può aver suscitato anche qualche forma di invidia e di rappresaglia preconcetta. Rappresenta, invece, il premio della Divina Provvidenza che ha voluto ripagare un popolo generoso delle infinite ingiustizie e sofferenze patite nel corso della sua storia.
Non è un caso che la Casa Sollievo della Sofferenza, voluta da Padre Pio, sia sorta a San Giovanni Rotondo, una terra in cui la sofferenza, fisica e morale, affondava robuste radici in ragioni e tempi molto lontani (come si può agevolmente verificare leggendo la storia della città, riportata sinteticamente nella cronologia pubblicata su questo sito).
Le Opere e Fondazioni che fanno capo alla Casa Sollievo della Sofferenza o ai Padri Cappuccini sono, nello stesso tempo, frutto e strumenti della Carità cristiana e, tutte insieme, rappresentano il miracolo tangibile di Padre Pio, con migliaia di posti di lavoro creati dal nulla per i sangiovannesi e per le popolazioni sorelle dei paesi vicini, legate a loro nella buona e nella cattiva sorte. Oggi, senza tema d’essere smentiti, si può ben dire che là dove c’era la povertà, c’è ricchezza.
A San Pio da Pietrelcina va il pensiero e la preghiera dei sangiovannesi e Lui, grazie ad un patto non scritto che nessuno mai riuscirà a distruggere, continua ad intercedere per loro la Misericordia e le Grazie celesti. Per suo mezzo un popolo “generoso” è riuscito a risollevarsi dalla polvere, per assurgere a nuova vita.
Ora le ossa dell’emulo di Cristo riposano, per suo desiderio, «in un tranquillo cantuccio di questa terra» ed il suo popolo «prediletto» gioisce di vederlo Santo, anche se nel cuore di tutti i sangiovannesi lo era già, fin da quel lontano 28 luglio 1916, quando entrò a far parte della loro vita e della loro storia.
Chi è stato il reale artefice del risorgimento di San Giovanni Rotondo? Un umile fraticello, venuto da fuori, che non ha esitato ad accettare i patimenti della Croce per assicurarle finalmente «pace e prosperità». Una pace e una prosperità che nessuno riuscirà a toglierci, a dispetto anche di chi intende costruire le proprie fortune sulla rovina altrui.
Giulio Giovanni Siena
(anno 2003)